LA REPUBBLICA DEI VENETI, PERCHE’ RESTA NELLA STORIA.
Di Millo Bozzolan
Perché stiamo ancora a parlare di Venezia, soprattutto, perché la sua storia fu così diversa dagli altri stati del resto del mondo?
Con la caduta dell’Impero romano, le cui istituzioni erano ormai corrotte anche nell’essenziale, scompare comunque il concetto di stato,inteso come “res publica”, e cioè di una organizzazione che appartiene ai “cives” e non a una persona o famiglia. Tutto arrivava dalla Grecia, se vogliamo, dalla mitica Atene, riferimento (a parole) delle democrazie odierne. Arrivano i barbari, con le loro tribù o clan e lo stato si frantuma in tanti possedimenti o feudi, a capo dei quali vi era un signore, che comunque stipulava un patto o dei patti, con varie categorie sociali. Il feudo più grande diventava uno stato, con precise gerarchie, che faceva capo a un Signore chiamato re o imperatore. Ma questo stato era , badate bene, in pieno possesso della corona, non dei sudditi. Questo re o imperatore aveva l’unico potere che lo controbilanciava nell’istituzione ecclesiale, poiché tutto deriva da Dio e San Pietro controllava che si rispettassero i Vangeli. Uno disconoscimento da parte della chiesa, poteva legittimare alla rivolta.
In questo panorama di vassalli, valvassori e valvassini, si incomincia a profilare una realtà diversa, tra le nebbie e le foschie della laguna veneta. Una società di veneti fuggiaschi, per tradizione portatori del concetto di democrazia assembleare propria ai veneti antichi, sopravvissuta grazie all’autonomia concessa loro dai romani, costruì Venezia e il dogado, combattendo via via vari tentativi e colpi di mano da parte di qualcuno per diventare Signore a scapito della libertà di tutti.
In nuce vi è quindi già l’idea che il comune è retto nell’interesse di tutti, le decisioni si prendono nel “rengo” e la maggioranza decide. Proprio come ad Atene o, se vogliamo, nei primi tempi di Roma antica. Da questo principio di base, si svilupperà lo stato veneziano, e la serrata del Maggior Consiglio, sarà una forma di difesa per salvare lo stato, e cioè la nascente Repubblica, dalle grinfie di chi voleva trasformarla in signoria o Dominio personale o di una famiglia soltanto. Un governo di “aristos”, dei migliori (questo il significato in greco) in cui il potere è impersonale, frazionato nelle varie cariche pubbliche, che si controbilanciavano, ed erano coperte per breve tempo da eletti dal Senato veneto che rappresentava le famiglie veneziane.
Era una notizia assoluta nel panorama europeo, quindi mondiale, reggere uno stato non per il tornaconto del Signore, ma della collettività, che anzi veniva sempre rappresentata e ascoltata quando si decideva per tutti. Si tornava all’idea prima di “Res publica” , mentre nel resto dell’Europa lo stato feudale, pur riconoscendo le rappresentanze dei vari attori sociali (clero,mercanti, militari, artigiani e contadini), faceva capo a una testa incoronata a cui spettava alla fine, la decisione finale. In Francia,anche questo palliativo di partecipazione alla vita pubblica, venne conculcato con l’arrivo di Luigi XIV (l’état c’est moi!) che imprigionò in una gabbia dorata (Versailles), mantenuta a spese del terzo stato, l’aristocrazia stessa e il clero. Ne derivarono delle conseguenze nefaste, che sfociarono nella Rivoluzione, i cui capi si rifacevano idealmente a una Repubblica utopica, priva della chiesa (accusata di complicità con il Re) e in cui tutti erano pari tra loro, i Cittadini. Una utopia perniciosa, che ancora oggi si trascina, negando sulla carta le diversità delle persone.
La Repubblica veneta era invece la corretta proposta di uno stato democratico antico, da adeguare certamente ai tempi nuovi alla fine del ‘700, ma basata su principi cristiani e quindi, di carità amore e pietà nell’azione dei governanti verso i governati,impegnati a costruire tutti assieme il bene comune. La diversità era valorizzata e considerata una ricchezza, gli uomini non erano tutti eguali, nel senso che appartenevano a categorie sociali in cui svolgevano compiti diversi,e a cui lo stato chiedeva obblighi in maniera diversa, valorizzandone i contributi attraverso ad esempio, le arti e mestieri, sempre molto tutelate. Se una persona per capacità proprie innate eccelleva in qualche cosa, ne veniva riconosciuto il talento e poteva aspirare a salire nella scala sociale anche a quel tempo.
Non a caso i papi romani, sempre all’erta verso Venezia, che era gelosa custode della libertà dello stato nella sua sfera decisionale, dalle influenze di Roma, accusavano i veneziani di idolatrare la Repubblica, ma quello che veniva imputato, era invece il riconoscimento da parte dei veneti, dell’alta funzione dell’azione di governo svolto esclusivamente al bene pubblico e non per gli interessi di pochi o uno solo. Come abbiamo scritto, una novità assoluta nel panorama europeo, fino a quando durò Venezia.
Oggi una falsa democrazia permette a potentati occulti o palesi, di governare lo stato moderno, togliendo ogni potere effettivo ai cosiddetti “Cittadini”, in realtà tornati allo stato servile o quasi. L’unico loro scopo sembra di essere quello di far girare il meccanismo per far finire nelle mani di pochissimi le ricchezze della collettività.
http://capitan-mas-ideas.blogspot.com.es/2013/05/serenissima-repubblica-di-venezia.html
Interessante, per me. Non avevo mai riconosciuto questo aspetto che differenziava Venezia dal resto dell’Europa. Il potere affidato non ad un sovrano o ad una famiglia, ma ad un governo molto più democratico.