I VENETI “AMOREVOLI” ANCHE NEL SALUTARSI
Il nome etnico dei Veneti ha la stessa radice di quello della dea Venere (secondo gli studiosi), ad indicare una loro particolare carattere, quello del commerciante (di ambra) che evitava conflittualità e si proponeva agli altri in maniera amichevole. Questo sembra riflettersi fino ad oggi,anche nella maniera di salutarsi tra loro. Pensiamo all’ormai universale “CIAO” (s-ciavo), passato dal veneziano all’italiano e poi diffuso e capito in tutto il mondo.
Antonella Todesco ci racconta:
A Venezia si poteva osservare una strana mescolanza di soggetti, di costumi, di classi sociali e su tutte le diverse lingue s alzava alta la dolce lingua, a chiamare, a chiacchierare, a salutare.
Il medico che si recava a visitare, l’operaio che si recava all’Arsenale o all’officina, il gondoliere, s’incrociavano nella folla con l’armeno venditore di bagigi (arachidi), col turco dal voluminoso turbante, con l’albanese dagli ampi calzoni, con l’ebreo dalla lunga zimarra, con il tedesco, il francese e via dicendo.
Persino nel modo di salutare per via i Veneziani manifestavano la gentilezza dell’ indole.
Gli stessi nobili, anche nel 1600, il tempo del maggior sussiego, rendevano gentilmente il saluto levando con la mano sinistra il berretto e ponendo la destra sul cuore. Il senatore in toga che si avviava ai consigli rispondeva con un gesto familiare della mano e con le parole “adio caro vechio), all’inchino rispettoso del “Tabarro” che denotava il borghese.
Il popolo era sempre ossequioso e servizievole e a chi domandava qualcosa rispondeva “per servirla!” e l’umile frase era solo espressione di indole cortese e non di bassa servilità come cinema e televisione italiani hanno sempre voluto fare credere. Spessissimo, tra nobili ma anche tra cittadini e mercanti ci si salutava con il titolo di “lustrissimo” abbreviato anche in ” ‘strissimo”, “tissimo”, “isso” tanto che a poco a poco la parola sparí del tutto.
Ai “zentilomeni” e in particolare a quelli che avevano “piú fumo che rosto” ci si rivolgeva con “zelenza” e molte volte con “zenza” o “senza”, a volte innocente ma piú spesso malizioso.
Venezia
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