IL RINATO LEON DI TRAU’, DI MONITO ALLA STOLTEZZA DEGLI UOMINI
E’ dal 1932 che manca il povero Leone di Traù con quella scritta particolare che ammoniva gli empi che non rispettavano la Legge di Dio. Oggi si dibatte timidamente in zona, se ricollocarlo, ma pare che ancora i tempi non siano maturi. Ancora si confonde il pacifico dominio veneto, così rispettoso delle Nazioni e delle loro tradizioni, con la violenta dominazione fascista, che purtroppo ne strumentalizzò il simbolo. Riprendo un bel intervento da “Il Piccolo” di Trieste, dell’associazione Istriani e Dalmati in esilio.
CANCELLARE LA MEMORIA La dimostrazione dell’importanza di questo simbolo sta nel fatto che i nemici della Repubblica di Venezia in varie epoche cercarono di cancellare la memoria della Serenissima distruggendone i simboli. Le prime distruzioni dei simboli marciani avvennero all’epoca della Lega di Cambrai, 1509-1517. Al grido di: “Mora San Marco con tute le forze, San Marco impicà” vennero abbattutti numerosi leoni ai confini della Repubblica.
La seconda e più grave devastazione avvenne durante la dominazione francese, breve ma capillare. Durante tutto il 1797 su ordine preciso: “Far abbattere in tutte le città di terraferma i leoni di San Marco”, vennero scalpellati oltre mille simboli marciani in tutto il territorio con esclusione dell’Istria. Beneto Giraldon era il nome del capo scalpellino incaricato di procedere al disfacimento. Fortunatamente l’Austria non continuò la distruzione dei leoni, ma in qualche caso permise la loro ricollocazione, visto che politicamente l’epopea veneziana era ormai un ricordo. Altre distruzioni si verificarono in tempi più recenti: in particolare in Dalmazia negli Anni Venti e Trenta.
FURORE ICONOCLASTA
Del furore iconoclasta furono vittima soprattutto i marmorei leoni marciani collocati sugli edifici pubblici e militari del territorio. La furia distruttrice, comunque, non ha cancellato del tutto i leoni marciani: rimangono ancora sul territorio di quelli che furono “lo stato da terra” e “lo stato da mar” numerosissimi simboli. Oggi i leoni alati resistono impassibili all’indifferenza degli uomini e all’ineluttabilità del tempo che passa. Possono essere considerati resti di un periodo sicuramente all’insegna della tolleranza, in quanto Venezia era rispettosa delle autonomie e degli usi civici locali.
Ma soprattutto dopo la fine della Prima guerra mondiale e la caduta dell’Austria-Ungheria essi sono stati spesso e volentieri considerati simboli di italianità da cancellare. Un modo per rimuovere la memoria non soltanto della Serenissima, ma soprattutto dei residui della presenza culturale italiana in Dalmazia.LA RESA DEI CONTI A PARTIRE DAL 1921 La resa dei conti con i leoni alati ebbe inizio nel 1921 dopo il ritiro delle truppe italiane da gran parte del territorio dalmata. Che il clima non fosse propizio per la salvaguardia dei monumenti del passato e che la furia iconoclasta si potesse abbattere in quel frangente storico sui simboli di San Marco, era ben chiaro anche al responsabile della sovrintendenza alle belle arti regionali, don Frane Bulic, il quale già il 15 aprile 1921 in una missiva inviata al Consiglio nazionale di Curzola aveva espresso il timore che “dopo la partenza degli italiani” si potesse giungere “nell’atmosfera di entusiasmo creatasi”, alla distruzione dei monumenti degli “ex Stati e in particolare del governo veneziano in Dalmazia”. Pertanto don Frane Bulic aveva chiesto alle autorità competenti di impedire che si verificassero atti vandalici. La sovrintendenza anzi aveva inviato una circolare in cui aveva invitato a cessare di distruggere quelli che erano “monumenti storici”. Invano. Subito dopo il ritiro italiano, ad esempio, alcuni leoni marciani erano stati danneggiati a Curzola da abitanti della località di Racisce.
Ma i momenti peggiori dovevano ancora venire. A suscitare grande scalpore nell’opinione pubblica di allora era stato l’incidente del primo dicembre 1932, quando a Traù (Trogir) gli appartenenti al Sokol avevano danneggiato o distrutto addirittura otto leoni marciani. Ma già prima, nel 1930, il leone alato era stato rimosso a Veglia.
E proprio con il Leone di Traù della loggia che ospitava il Tribunale, ci siamo voluti cimentare, volendo riproporre una sua riedizione in marmorina, materiale resistente all’acqua, per chi volesse esporlo in casa o anche all’esterno. E’ una opera abbastanza “importante” nell’ingombro, dato che misura cm 45 per 34. e supera i quattro chili di peso. Nato con la speranza che ritorni quel senso di fraternità tra etnie diverse che era nello stato naturale delle cose nella Dalmazia veneta, sotto l’ombra protettrice delle ali del leone, a cui proprio i celebri soldati dalmatini “schiavoni” erano tanto affezionati, fino a sacrificare la loro vita in tante battaglie. Chi fosse interessato, mi contatti pure. Costo euro 45.