L’EROS VENEZIANO PER COMBATTERE IL CORONA VIRUS?
Giorgio Baffo “meraviglioso cantore della mona”
👉 Carnevale: una volta, in questo periodo dell’anno, il mondo sembrava non opporre più resistenza, i desideri diventavano realizzabili e non c’era pensiero che non fosse possibile. Questa era Venezia, luogo delle suggestioni e della fantasia, mondo di trasgressione, mascheramento e feste.
👉 Il Carnevale di Venezia, se non il più grandioso, è certamente il più conosciuto per il fascino che esercita da 900 anni. Lega ancora oggi la sua immagine alla decadenza settecentesca, ai personaggi come Casanova e come il poeta, cittadino della Repubblica di Venezia, Giorgio Baffo, all’anagrafe Zorzi Alvise Baffo (Venezia, 1694-1768).
“Poeta dell’amore, che ha cantato con la massima libertà e con grandiosità di linguaggio” scrisse di lui Guillaume Apollinaire, nel 1910.
👉 Ma la sua opera è stata vittima di una critica moralistica che lo ha perseguitato, dagli intellettuali del Settecento veneziano fino a tutto il Novecento. Scrisse ben 1200 sonetti in veneziano, ma è stato spesso liquidato come “licenzioso”, soltanto capace di “satira sozza e laida, che di oscene cose fa spicco puzzolente”. Volete sapere il perché? Perché era contro la corruzione del potere e gli Inquisitori di Stato, contro certa falsa chiesa “gesuita”, perché amava la vita e, come scrisse l’amico e discepolo Giacomo Casanova: Baffo fu “Genio sublime, poeta nel più lubrico dei generi, ma grande e unico.”
Lode alle tette
Tette fatte de latte, e de zonchiada,
pastizzetti, che ’l genio m’incitè,
pometti, che la vita consolè,
cara composizion inzuccarada.
Tette bianche de neve nevegada,
cussinello, dove dormirave un Re,
panna impetrìa, che ’l gusto innamorè,
latesini per dar la papolada.
Tette de zensamin, de cao de late,
tette, che al zensamin sè do zucconi,
tette, che nel mio cuor sempre combate,
Tette, de darghe mille morsegoni,
Tette, che sè per mi le cose mate,
tette, chi no ve basa è gran cogioni.
(*) Guido Almansi, 1931-2001, critico letterario e scrittore.
(Nella foto di Veneziani a Tavola: la lapide commemorativa sulla facciata di Palazzo Bellavite, in Campo San Maurizio)