SAN MARCO, SAN TODARO, SAN GIORGIO SALVANO VENEZIA DAI SUOI PECCATI
Venezia a cavallo del 1300 è al colmo della sua ricchezza e potenza. Una opulenza che spaventa gli stessi veneziani i quali vedono il peccato diffuso in ogni settore della società. nasce così una suggestiva leggenda, che ha i tre patroni come protagonisti e salvatori.
“Il 15 febbraio 1340 una grande bufera minaccia di distruggere le difese lagunari. Il mare supera le difese lagunari e sommerge la città. L’evento è interpretato come un monito divino, una punizione per un malcostume diffuso in tutte le classi. Nasce così la leggenda conosciuta come l’anello del pescatore o dei tre santi trascritta in seguito dallo storico Marco Sabellico.
Un pescatore sorpreso dalla bufera trova riparo con la sua barchetta sotto il Ponte della Paglia. Qui un elegante vecchio lo convince in nome di Dio a portarlo a San Giorgio, dove scende, entra in chiesa, e ritorna in compagnia di un altro ed entrambi montano in barca e chiedono di essere portati a san Nicolò del Lido per una questione di vita o morte.
Il pescatore non sa rifiutarsi, soggiogato dalla personalità dei suoi passeggeri e quindi al Lido uno dei due scende, va in chiesa e torna in compagnia di un altro, e entrambi montano in barca. I tre gli chiedono di uscire dal porto in mare aperto, insistono, per salvare il doge e la città tutta. Il pescatore continua a remare fino ad incrociare un vascello pieno di spiriti infernali in festa, guidati da Belzebù, convinto di avere la città con tutte le sue anime dannate in pugno.
I tre passeggeri si rivelano; sono San Marco, San Giorgio, San Nicolò; si rivolgono al cielo e invocano una saetta che s’abbatte sulla nave e la affonda. Isuoi abitanti sono salvi, i tre santi chiedono di esser riportati indietro, uno a San Nicolò, un altro a San Giorgio, il terzo a san Marco. Quest’ultimo, prima di andarsene consegna un anello al pescatore e gli dice di portarlo al Doge dopo avergli raccontato quanto era successo… Il pescatore ubbidisce e l’anello viene riconosciuto per quello che conservato in una teca, non ne era mai uscito.
Due secoli dopo il pittore trevigiano Paris Bordon immortalerà la scena in un celebre dipinto, conservato alle gallerie dell’Accademia.