VENEZIA IMPORTA IL BACO DA SETA E RILANCIA IL TESSILE NEL TRIVENETO
HO LETTO tempo fa, dei dubbi di un amico storico sul fatto che sia rimasto qualcosa dei Veneti antichi, nella cultura e nel modo di pensare dei Veneti attuali. Secondo me è rimasto moltissimo, riuscendo a resistere alla romanizzazione e alle vicende storiche che avevano cancellato per qualche secolo persino la denominazione del “Venetorum angulus” caro ai Romani. Poco importa la religione professata allora e quella professata oggi… Una caratteristica è il culto del lavoro (ben fatto) e LA VOGLIA DI FARE IMPRESA , comuni a paleoveneti e veneti di oggi, passando per la Repubblica di Venezia, la quale, pur riservando a sé le produzioni di nicchia e di lusso, valorizzò le aree dell’entroterra, facendone dei veri e propri distretti specializzati, specie per la produzione del tessile e della lana. Storici e cronisti dell’epoca romana (non ricordo se Strabone o Polibio), ci informano, ad esempio, di carovane di carri (altri convogli immagino arrivassero a Roma via mare) che partivano dalla pianura veneta colmi di tessuti di ogni genere, per esser smistati in ogni angolo dell’impero. Perché dai paleo veneti all’epoca veneziana, mai smettemmo di lavorare e produrre, tanto che partivano, fino a fine Settecento, navi stipate di berretti, calze, o stoffe, uscite magari dai laboratori nel padovano, nel Polesine o nel veronese, dove allora era già nato il sistema del cottimo.
Insomma Venezia arrivò col suo baco da seta, la cui produzione fu copiata dai cinesi, e lo diffuse nell’entroterra, trovando già il substrato produttivo che aveva origini antichissime. Mi viene in mente Nerka Trostiaja la donna manager di Ateste, seppellita in un sepolcro fastoso con un telaio che certamente indicava, secondo gli archeologi, il settore su cui erano incentrati i suoi commerci.
“E’ dal 1310 che Venezia inizia la lavorazione della seta per l’arrivo in laguna di molte famiglie di Lucca, principale centro per la produzione serica. I lucchesi fuggono per via delle lotte intestine della città d’origine e si riuniscono nel 1360 in una corporazione autonoma, chiamata corte della seta . Seguiranno poi, una volta imparato il mestiere, i tessitori di seta veneziani, riuniti nel 1488 ne la scuola dei Veluderi e dei Samiteri (da ‘sciamito’ tessuto di seta).
La coltivazione dei gelsi e dei bachi da seta comincia a diffondersi nelle province della terraferma (Vicenza, Verona e Polesine) a partire dal 15mo secolo. I bachi da seta giungono negli opifici per svuotare i bozzoli dalle crisalidi (in campagna ricordo che li chiamavano i cavalieri ) e comincia la catena dell’industria serica alla cui base sta la filatura e la torcitura del filo. Il filamento viene poi bollito per togliere la materia viscosa (la saracina) e si può procedere alla tintura. L’ultima fase è la tessitura eseguita da specialisti che con i loro telai e fantasia rendono Venezia eccelsa nella produzione e nel mercato dei tessuti di lusso di tutta Europa. ” (Giovanni Distefano Atlante storico della Serenissima.)