RELIGIOSITA’ DEI VENETI E FRIULANI: IL CULTO DEI MARTIRI ERMAGORA E FORTUNATO

Una risposta

  1. Marco d'Aviano ha detto:

    I Patriarchi di Aquileia si rifugiarono in continuazione a Grado, portandosi sempre dietro le reliquie per salvarle dalla distruzione. Accadde nel 401 all’arrivo dei Goti, nel 452 all’arrivo degli Unni, nel 568 all’arrivo dei Longobardi. La divisione del Patriarcato di Aquileia avvenne più tardi e solo per colpa di quello che verrà ricordato come “Patriarca di Aquileia” anche se era frutto di una operazione politica voluta dai Longobardi, quindi se ne andò a risiedere a Cormons e a Cividale. Dopo il 568, la regione storica della Venetia viene smembrata: la Venetia terrestre passa in mano longobarda, assumendo una struttura politica feudale, mentre la Venetia maritima perpetua l’autogoverno veneto, profilando il futuro territorio del Dogado, vale a dire la fascia costiera di ambiente salmastro, che andava da Grado come limite orientale, fino al castello di Cavarzere, sul confine meridionale.
    Lo smembramento della Venetia in due territori divisi sul piano politico portò alla scissione del Patriarcato di Aquileia in due distinti Patriarcati. Nel febbraio-marzo 607, un editto dell’Imperatore bizantino Foca, emesso su richiesta del Pontefice Bonifacio III, riconobbe il primato della Chiesa di Roma sulle altre. Questo era un passo politico importante, con il quale si favoriva la ricomposizione dello Scisma dei Tre Capitoli, che aveva separato l’Arcivescovado di Aquileia dalla teologia introdotta dal Concilio Costantinopolitano II del 553, quando Giustiniano ufficializzò la condanna da lui impartita sulle asserzioni dottrinarie di tre antichi teologi.
    In pratica, i vescovi delle Venetiae per mezzo secolo si dissociarono sia dal Papato che dall’Impero bizantino, non avendo accettato le tendenze monofisite introdotte da Giustiniano sui dogmi della dottrina cristiana, che volle imporre con la forza anche al povero Papa Vigilio.
    Dopo reiterate violenze dell’Esarca di Ravenna, per conto di Bisanzio, lo scisma si ricompose solo nel 606, quando i vescovi venetici si convinsero da soli che le disposizioni teologiche di Giustiniano non erano ereticali, sicché con spirito di accettazione del Concilio Costantinopolitano II i Vescovi suffraganei di Grado elessero Candidiano a Vescovo Metropolita.
    Tuttavia, accadde l’imprevisto: i vescovi suffraganei che non avevano abbandonato lo scisma disconobbero l’elezione di Candidiano. Si trattava del clero filo-longobardo, che nel 607 elesse a nuovo Vescovo Metropolita Giovanni, stavolta nella vecchia sede di Aquileia, con il sostegno del re Agilulfo e del duca del Friuli Gisulfo.

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