IL PIAVE MORMORO’, un disastro immane passato per una vittoria.
Da un saggio di Edoardo Rubini e Moreno Menini questo brano illuminante sulla demagogia dell'Italia di allora: Incontro al disastro
Impressionano i dati del bilancio del Regno savoiardo all’alba dell’intervento bellico: l’esercizio annuale contava un miliardo e 671 milioni di lire, di cui un terzo è dilapidato in spese per armamenti, mentre circa 700 milioni di lire sono impiegati per pagare alle banche gli interessi sul debito pubblico; di tutto il pubblico erario, ai servizi per i cittadini sono riservati appena 400 milioni di lire (circa il 20%).
Con le avventure coloniali del primo mezzo secolo di Regno, l’Italia era immersa nell’acre sapore del sogno imperiale, che si traduceva in uno stato di belligeranza pressoché permanente, con il popolo ridotto a carne da cannone. A mattanza conclusa, nel centro delle cittadine di tutto il Veneto, furono subito piazzati monumenti dedicati al milite italiano, dove spesso sta scritto “caduti per la libertà”: anziché ricordare con pietà cristiana le vittime, si è inteso edificare un culto laico, destinato a sancire per l’eternità un patto di sangue nazionalista.
L’entrata in guerra dell’Italia fece ribollire l’Austria nella rabbia e nello sdegno. I soldati dell’Impero e le genti alpine (anche nelle zone di Trento e Bolzano) si sentirono oltraggiate dall’ex-alleato, che ora li pugnalava alle spalle. Lo stato italiano diveniva “il nemico ereditato”, quasi una vocazione.
Le zone austro-tedesche minacciate risposero alle manovre espansioniste di Roma con un’ondata di arruolamenti volontari, soprattutto a difesa del Tirolo, della Carinzia, della Stiria e della Carnìola. Gli Ungheresi, i Croati, i Serbi, gli Sloveni e altre genti di lingua slava, pur in crisi con la dinastia asburgica per la difesa dei propri diritti nazionali, misero l’uniforme austriaca e difesero risolute le loro case sul fronte che congiungeva le Alpi con l’Isonzo ed il Carso: tutti erano spaventati dall’idea dell’occupazione italiana sul proprio territorio, viste anche le lunghe persecuzioni etniche ai danni delle comunità slovene del Friuli a partire dal 1866.
Vale la pena citare due insigni personaggi, che incarnavano le massime cariche istituzionali d’allora, per illustrare i sentimenti che animarono le due parti in conflitto:
“… Soldati! A voi la gloria di piantare il tricolore sui termini sacri che la natura pose ai confini della nostra Patria …”
Vittorio Emanuele III
“… Contro i russi l’esercito combatté con lo spirito, contro gli italiani combatté col cuore …”
Generale tedesco Paul Ludwig von Hindenburg
Si raccomanda un importante approfondimento, con citazioni e stralci dal libro di Peter Tompkins “Dalle carte segrete del duce”, Marco Tropea Editore, 2001, all’indirizzo:
http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-a_novant’anni_dalla_fine_della_prima_guerra_mondiale..php
This is italian state, baby!
N.B. Il saggio originario era di Edoardo Rubini e Moreno Catto Barbarotto.