GLI UOMINI DELLA CA’ D’ORO: MARINO CONTARINI
di Daniela Palamidese
I Contarini, una famiglia importante
Marino Contarini era nato intorno al 1385 in una delle famiglia più antiche e facoltose della Repubblica, annoverata fra le prestigiosissime dette “apostoliche” e ritenuta addirittura di remote origini romane. È la famiglia veneziana che registra il più largo numero di onori “principeschi”. Ben otto sono infatti i Contarini che assursero alla carica dogale e ben di più furono i rappresentanti della casata che ebbero fama e prestigio per i loro meriti ecclesiastici, politici, diplomatici, militari, e persino letterari.
Di sicuro se ne hanno notizie fin dal secolo XI, ragion per cui possiamo senz’altro affermare che essa appartiene a quel nucleo del patriziato mercantile che contribuì all’espansione di Venezia verso Oriente e infatti un ramo si trapiantò in Siria, e dal centro dei suoi maggiori affari (Giaffa) e dei suoi possessi orientali fu denominato dal Zaffo.
Questa denominazione fu assunta nel 1473, quando la regina di Cipro Caterina Cornaro creò Giorgio Contarini conte di Giaffa, rendendolo il primo dignitario dell’isola. Dopo la conquista ottomana il titolo ebbe valenza meramente onorifica, ma rimase assolutamente prestigioso e ambito: fu riconosciuto nel 1476 dalla Repubblica che, anzi, conferì allo stesso Giorgio e ai suoi discendenti anche il cavalierato della Stola d’Oro. In laguna i Contarini dal Zaffo risiedevano alla Madonna dell’Orto.
E in altre zone della città erano inoltre presenti molti altri nuclei della casata, derivati dal ramo indigeno, che non aveva tentato la via dell’Oriente e si era invece moltiplicato ed arricchito tra il secolo XIV e XV di vasti possessi fondiari, specialmente per il matrimonio di Maria, figlia di Giacomo da Carrara, con Nicolò Contarini, figlio di Luca, politico, giureconsulto, filosofo e lettore nello Studio padovano al principio del sec. XV.
I Contarini erano senz’altro una delle casate veneziane più numerose, se nell’anno 1500 su 1.523 nuclei familiari patrizi censiti in città, ben 107 portavano questo cognome. In realtà, come in tutte le famiglie veneziane più potenti e fiorenti, questo denominatore comune si estendeva a diversi ceppi o, appunto, rami, che non si sentivano nemmeno parte di un’unica stirpe, poiché il solo cognome, così diffuso, aveva perso la valenza unificatrice e non costituiva più un vincolo sufficiente; essi erano definiti in base alla zona di residenza in città o in seguito a qualche impresa specifica, oppure, infine, per la particolarità delle loro proprietà o del comportamento di un loro membro.
Tutti, credo abbiamo sentito nominare, oltre ai già citati Contarini del Zaffo, i Contarini dal Bovolo, residenti a San Paternian (ora campo Manin), così definiti, a partire dalla fine del Quattrocento, con riferimento alla bellissima scala esterna che caratterizza il loro palazzo. Altri rami della famiglia (Contarini di San Silvestro, dagli Scrigni, dalla Porta di Ferro, ecc.) sono diventati forse meno noti, ma non meno significativi nel percorso storico della Repubblica.
Marino dei Contarini di San Felice
Il Marino Contarini che ci interessa a proposito della Ca’ d’Oro apparteneva al ramo di San Felice. Era nato intorno al 1385 Antonio di Marino Contarini, detto, chissà perché “del deo” (del dito) e da Marchesina Giustinian.
Non va però confuso con altri personaggi omonimi contemporanei, purtroppo numerosi e variamente coinvolti nella vita pubblica veneziana: un Marino figlio di Antonio di Marino del ramo di S. Angelo, entrato in Maggior Consiglio nel 1402; un Marino figlio di Agostino di Zuanne e un Marino figlio di Alessandro di Zuanne, entrambi del ramo dei SS. Apostoli, detti “dalle scoazze” (immondizie); un Marino figlio di Alessandro di Nicolò del ramo di S. Sofia, padre di Pandolfo; un Marino figlio di Paolo, primo podestà di Sacile e provveditore all’Armata in Lombardia; un Marino figlio di Pietro di Paolo, vescovo di Cattaro e suffraganeo di Vicenza…Mi si perdoni la pignoleria: era solo per confermare quanto si diceva prima riguardo l’abbondante “fioritura” della casata e la varietà persino … fantasiosa dei rami ad essa collegati.
Anche il padre di Marino, Antonio, il cui ritratto era visibile nella sala del Maggior Consiglio, aveva avuto un ruolo attivo nella vita politica veneziana: nel 1409 era stato uno dei provveditori inviati a Zara riacquistata dai Veneziani e nello stesso anno uno dei quattro ambasciatori inviati per congratularsi con il papa Alessandro V dell’elezione al trono pontificio.
Più volte presente in Minor Consiglio, era stato eletto nel 1414 procuratore di S. Marco (de ultra), mentre nel 1415 fu mandato quale ambasciatore al concilio di Costanza. Nel 1419 fu eletto, assieme con altri, commissario della Repubblica delegato a ricevere la dedizione di Cividale del Friuli; in seguito, nel 1423 aveva concorso in più scrutini all’elezione dogale, riportando in uno di questi ventiquattro voti, mentre nel 1430 era stato inviato come ambasciatore presso la repubblica di Firenze nella guerra contro Milano. Dei figli di Antonio, almeno tre oltre a Marino – anche Andrea (morto il 12 gennaio 1471, more veneto) sentì il richiamo della politica: fu infatti avogador de Comun, podestà a Padova e procuratore di S. Marco (de supra). E si sa che in particolare quest’ultima magistratura era tra le più ambite e preminenti presso la Serenissima.
Marino, invece, non sembra abbia sentito il richiamo della vita pubblica. Certamente, come tutti i membri della sua casata esercitò il proprio diritto a sedere in Maggior consiglio, dove in effetti entrò nel1410, ma poi i documenti non portano traccia di una sua carriera o incarico politico o amministrativo. Silenzio totale. Se ne deduce, quindi che gli incarichi siano stati, se ci sono stati, veramente esigui e la carriera pressoché insignificante.
Affari sì, politica no
Quello che invece a Marino interessava veramente erano gli affari, che del resto sono sempre stati l’altra caratteristica peculiare del patriziato veneziano, fondamento e supporto essenziale della loro ricchezza ed autorevolezza e nel contempo presupposto imprescindibile per la potenza della stessa città.
E negli affari, questi sì notevoli e abbondantemente documentati, Marino dimostrò di saperci veramente fare, dedicandosi a tutta una serie di attività commerciali e finanziarie: iniziative spesso innovative e coraggiose, che testimoniano una spiccata intelligenza imprenditoriale.
Non appena ottenuta l’emancipazione dal padre, con rogito del notaio Marco Raffanelli e sciolta la fraterna compagnia che legava i suoi interessi a quelli più generali della famiglia si diede alla mercatura. Correva l’anno 1400 e, ricordiamolo, lui era poco più che adolescente. Il suo giro d’affari non si limitava alla piazza realtina, ma spaziava in tutto il Mediterraneo, con basi alle Baleari, in Spagna e Valencia, fino ad Alessandria d’Egitto.
In un primo tempo vi si recava personalmente, mentre in seguito prese a servirsi di agenti e fiduciari. E al commercio ben presto furono affiancate altre fonti di guadagno, quali il cambio marittimo e il prestito, soprattutto a breve termine. Che sono tutte attività speculative forse rischiose, ma senz’altro ad alta potenzialità lucrativa. Marino, seppe infatti accumulare un ingentissimo patrimonio, riuscendo a diversificare le attività senza che ciò comportasse dispersione di capitali e sostenze, tanto che gli storici, nonostante la giovanissima età in cui si introdusse nel mondo degli affari, rendono a riconoscergli una solida preparazione economica di base. Tutto è scrupolosamente documentata dai suoi registri contabili, pervenutici fortunatamente nella stesura originaria autografa, dove compaiono lettere di cambio, ordini di accreditamenti, quietanze e altre scritture contabili, spesso dell’ordine di svariate centinaia di ducati. Insomma, scarsa propensione pr la vita politica, sì, ma eccezionale capacità imprenditoriale, da autentico figlio del ceto mercantile veneziano.