IL DOMINIO VENEZIANO DEL CADORE (1420 -1797)
di Millo Bozzolan
La Magnifica Comunità del Cadore, istituzione che affonda le sue radici nel Medioevo, erede della storia unitaria della regione, delle sue esperienze di autogoverno e dei valori tradizionali espressi dalle genti cadorine costituisce, ancor oggi, un punto di riferimento delle realtà istituzionali e sociali operanti nel territorio; dal XIV secolo, fu la principale istituzione pubblica del Cadore. Si reggeva sull’osservanza degli Statuti cadorini e in essa vi erano rappresentati i dieci centenari (suddivisione territoriale amministrativa), composti dall’ unione di Regole (comunità di villaggio).
Possiamo considerare i cadorini come un misto di popolazioni celtiche e venete. Dei Veneti rimangono importanti testimonianze archeologiche a Lagole. Come il bellissimo “EKVO” (cavallo) qui riprodotto.
Dedizione a Venezia
Crollato il potere temporale dei Patriarchi, il doge Tommaso Mocenigo invitò i Cadorini ad accettare il dominio di Venezia. I cadorini chiesero ed ottennero dal patriarca lo svincolo dal giuramento di fedeltà, quindi si radunarono ed assistettero alla Messa dello Spirito Santo nella cappella di Valle e poi votarono la dedizione del Cadore a Venezia al grido di “Eamus ad bonos Venetos!” (Uniamoci ai buoni Veneti).
L’ultimo di luglio del 1420 si presentavano dal Doge (immaginiamoli, questi montanari, nelle loro vesti da festa, abbagliati dalla splendore del palazzo dogale) Tommaso Mocenigo, a Venezia, erano: Nicolò Palatini di Pieve, Antonio Barnabò di Vallesella, Antonio di Venàs e Bartolomeo di Sala (Borca) quali rappresentantid el Cadore per atto di dedizione. Quanto chiesero il Doge concesse. Tra le cose principali si stabilì che :
“Consentiamo che i fitti, i redditi dei dazi, delle mude, delle miniere di ferro e delle multe pecuniarie, già riscosse dai Patriarchi, siano riscosse dalla Signoria nostra e che resti alla Comunità quanto a lei soleva andare. I Cadorini siano Esenti da ogni gravezza, imposizione o angheria (cioè lavoro obbligatorio per lo stato veneto) e che non possano esser chiamati soto le armi fuor del cadore, per nessuna causa, neanche se pagati”.
“Consentiamo loro di avere un buon Capitano il quale abbia a suo servizio un buon Vicario dottore in leggi: potranno scegliersi questi due fra i sudditi della Repubblica e sian di nostro gradimento. La Comunità può fare statuti (emanare regole e leggi) purché non siano contrari allo Stato nostro, inoltre potrà correggere, abolire, rifare gli statuti fatti. Gli statuti dovranno essere osservati e, secondo essi, dovranno esser giudicate le cause civili e criminali e, mancando gli statuti e el consuetudini, si giudichi secondo il diritto comune”..
estratto da “Breve storia del Cadore” di Giovanni Fabbiani