UN DIALOGO ILLUMINANTE TRA SARPI E IL DOGE
Di Vittorio Frajese
Per capire l’azione del Sarpi, e l’orientamento dello stato veneziano verso Roma, è di fondamentale importanza la conversazione svoltasi tra il Doge, Leonardo Donà, e Paolo Sarpi il 2 giugno 1608, così riassunta da quest’ultimo: “Quando il Principe mi disse questo, e cioè che mutazione di Religione mutava governo, io dissi: è vero, certi preti nuovi dimenticando e cangiando la semplicità de’ vostri vecchi preti si sono congiunti col papa tenendo corrispondenza stretta con esso…e questi introducono nuova religione e per tali vedeste ultimamente questo stato turbato; certo è che ogni religione che non conosca superiore in terra di voi, non muterà nulla. Ma quelli che ne riconoscono superiore, come gesuiti e altri il papa, da tali bisognerà temere mutazione”.
Scambio della più grande importanza: in esso, donà avvertiva il Sarpi di non avere intenzione di accettare mutamenti religiosi nel dominio, e Sarpi gli rispondeva che i più grandi mutamenti, quelli da cui Venezia avrebbe dovuto guardarsi, provenivano dalla riforma tridentina più che dalla riforma protestante, e tracciava allo stesso tempo il proprio programma di politica ecclesiastica: salvaguardare l’assetto tradizionalmente laico del >dominio veneto< da tali innovazioni. Coerentemente con tali impostazioni, in un promemoria redatto al volgere dell’interdetto il <consultore in iure> faceva l’elenco degli antichi diritti esercitati da Venezia per “immemorabile consuetudine” cui Roma chiedeva di rinunciare e cui si sarebbe dovuto effettivamente rinunciare qualora si fossero effettivamente accettate le innovazioni tridentine e l’impostazione politico religiosa della chiesa romana…
Da “Venezia e la chiesa durante i decenni galileiani di Vittorio Frajese
Istituto Veneto di Scienze, lettere e arti.
Galileo Galilei e la cultura veneziana.
È vero che il Doge N.H. Leonardo Donà e fra’ Paolo Sarpi (sacerdote cattolico, Servo di Maria, ma anche ministro della Repubblica, diremmo oggi, oppure “consultore in iure”, cioè consigliere in materia di conflitti tra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione statale) professavano la sostanziale continuità e conservazione degli assetti politici e ideologici dello Stato Veneto.
Però, alcuni concetti espressi anche in questo scritto possono trarre in inganno la maggior parte di chi legge.
Per esempio, quando si parla di “assetto tradizionalmente laico del Dominio Veneto” tutti capiranno che la Religione Cattolica non c’entrava nulla con il Governo Veneto.
Invece, è esatta proprio la proposizione contraria.
Sarebbe inconcepibile Governo della Veneta Serenissima Repubblica senza la sua base religiosa nella Fede Cattolica.
“Laico” era una parola nata al tempo degli Stati Confessionali Cristiani, come la Veneta Serenissima Repubblica, ma aveva un senso del tutto diverso.
“Laico” un tempo voleva dire: “di Fede Cattolica, persona pure religiosissima, ma che non ha preso i voti e non indossa l’abito talare”.
“Laico” oggi vuol dire: “di persona che prescinde da qualsiasi questione di ordine religioso”.
Quindi, finché non si viene fuori da questi equivoci, è inutile dir niente.
Da ultimo, osservo che il Doge Leonardo Donà aveva ragionissima quando diceva: “la mutazione di Religione muta governo”.
Infatti, mentre un tempo la Fede in Cristo reggeva le sorti umane e i governi si adeguavano alla Verità rivelata, oggi c’è un regime politico diverso, fondato sulla “religione liberale”, cioè quella portata dall’invasore francese nel 1797. Una religione fondata sul male.
I contrasti seicenteschi con il Papato erano fatti politici ed episodici, che non lasciarono nessuna traccia nella storia veneta, ma che ebbero l’effetto di indebolire la Cristianità in Europa.
Ne fecero le spese tutti i popoli europei, che si trovarono poco dopo alla mercé della Rivoluzione giacobina…
Tant’è vero che siamo passati dal Governo Veneto basato sulla Fede Cattolica a quello italiano basato sulle teoria politiche della Frammassoneria con la Rivoluzione liberale. E i risultati si vedono…