ARLECCHINO, UN BUFFONE DALLE ORIGINI INQUIETANTI
Simonetta Dondi dall’Orologio
Tutti conosciamo il personaggio della Commedia dell’Arte Arlecchino ma sappiamo cosa vuol dire il suo nome? Da cosa deriva quella maschera buffa ma anche inquietante?
Viste le copiose risate a teatro abbiamo dimenticato la sua vera origine: si trattava un tempo di uno spirito selvaggio a capo di dannati, streghe e demoni, che si spostava in corteo nelle notti oscure e correva come un turbine attraversando boschi e campagne. Simbolo quindi del Caos originario, che si contrapponeva all’ordine su cui si fonda la civiltà umana.
La cosiddetta “masnada” era guidata proprio da questo “genio malefico”.Tuttavia alcuni ritengono che a capo delle “schiere maledette” ci fossero alcune antiche dee, come “Frau Holda e Perchta” (che significava l’arte di tessere la tela da lino). Qui entriamo nel campo della mitologia germanica con radici celtiche.
Holle è la dea a cui giungono i bambini che muoiono da piccoli ed è conosciuta sia come “la nonna oscura” sia come “la signora bianca”.Il suo legame con il mondo degli spiriti attraverso la magia di filare e tessere la associa alla stregoneria nel folclore germanico cattolico.
Ecco spiegato perché le ritroviamo a governare processioni di bambini morti, senza il Battesimo, e streghe.
Ma tutto questo, come sempre, viene da più lontano nel tempo; infatti tali dee sono associate all’abbondanza e alla fertilità, condividono certi aspetti con Diana/Erodiade, che si occupava fra l’altro di punire gli insulti e le violazioni dei tabù correlati alla caccia.
I Benandanti erano quelli che combattevano per ristabilire l’ordine (soprattutto nelle montagne) ed erano figure antitetiche ad Arlecchino, lo combattevano armati di “canne di sorgo” al fine di salvaguardare l’abbondanza dei raccolti.
Se la battaglia era vinta dalle streghe, infatti, la produzione agricola sarebbe stata scarsa. Benandanti lo diventavano solo i “nati con la camicia” ossia, i pargoli venuti alla luce avvolti nella membrana amniotica. Questi “eletti” nelle notti delle quattro tempora, cadevano in uno stato catatonico e si trovavano a fronteggiare le temute schiere nemiche.
I benandanti erano pur sempre contadini e in quanto tali, dovevano difendere il proprio benessere.
Nel Veneto Arlecchino veniva accostato al termine “batocio”, che poteva intendere sia la spazzola con la quale i barcaioli si pulivano dopo aver defecato, sia il batocchio all’interno della campana (come se la testa di Arlecchino fosse rintronata dai troppi colpi).
Questo dimostra che nella società, godeva di scarsa considerazione. In realtà, praticava ciò che Castaneda definì “follia controllata” ossia la strategia di mascherare il proprio potere e la propria determinazione, simulando buffoneria e vulnerabilità.