GLI “EROI” DELLA MUNICIPALITA’ BRESCIANA, DI CUI CI SI DEVE SOLO VERGOGNARE
A Brescia, nell’occasione di qualche anniversario un gruppetto di sprovveduti locali ha recentemente posto una targa commemorativa a ricordo dell’epica impresa (si fa per dire) dei Municipalisti, che presero il potere per conto dei francesi durante il crollo di Venezia. In altre parole, col tricolore in mano, fecero da palo alle ruberie del gaglioffo d’oltralpe.
Ecco come li descrive Alvise Zorzi : ” Anche a Brescia ci fu una rivolta di nobili che postumi agiografi hannovoluto dipingere come un’impresa epica. Cintro Venezia, dunque che avrebbe incarnato “il privilegio, l’ingiustizia.. un miope sfruttamento, una lentezza equivoca di burocrazia dominante”.
Trentanove ‘ardimentosi’ radunatisi in casa Lechi avevano giurato “di vivere liberi o di morire.”Il Dieci marzo i valorosi sferrarono l’assalto al Broletto, sede del potere veneziano, del tutto indifeso perché i pochi soldati schiavoni erano stati consegnati in caserma. Francesco Filos pianta il tricolore nel cancello esterno ma l’impresa è durata troppo poco.
Giuseppe Lechi, e i suoi amici “vestiti di divisa giallo lombarda” arrivano, affannati, troppo tardi. Lo zio dei fratelli Lechi, Galeano, era un Don Rodrigo veneziano che per le sue insolenze era finito sotto i Piombi, dai quali era fuggito, come Casanova, per i tetti.
Con loro c’era anche Francesco Gambara, erede di una famiglia da sempre nemica di Venezia e figlio di un truce personaggio, il conte Alemanno che si era distinto per stupri ed sanguinose bravate, ed aveva fatto dei suoi castelli qualcosa di simile al castellaccio dell’Innominato.
Vittorio Alfieri descrisse così i feudatari locali : vili impuniti signorotti han piena / di scheani lor corte, ed uccider fanno / chi sott’essi non curva testa e schiena… “Adesso, cittadino, hai una Patria !” proclamano. Sarà la paura di un ritorno di Venezia a far loro abbracciare il tricolore.