I MEDICI MILITARI VENETI, LA CHIRURGIA E LE FERITE DA ARMA DA FUOCO. Portiamo un cero per grazia ricevuta ;)
Si dividevano, come usava all’epoca, in Medici e Barbieri Chirughi. Ora, affidare le operazioni ‘in corpore vili’ a un barbiere.. non prometteva nulla di buono, ma allora in tutto il modo civile, si usava così. Il medico era un teorico, che non aveva alcun contatto fisico col paziente, diagnosi e prognosi venivano espletate soprattutto mediante l’esame delle urine e delle feci, che venivano esaminate a vista, annusate, valutate secondo le teorie ippocratiche. Era loro prerogativa la prescrizione medica, che veniva introdotta via orale, o la pratica del salasso mediante sanguisughe.
I chirurghi o barbieri erano a diretto contato col paziente, e oltre al compito di far barbe e capelli dell’equipaggio o dei soldati, provvedevano anche a piccole amputazioni o interventi, su direttive del medico e alla dissettazione dei cadaveri, su direttiva sua.
Per le ferite da arma da fuoco, il primo intervento era di allargarla con un forcipe e di “estrarre – se ve ne fossero – frammenti di abito di imbottitura, pezzi di stoffa, di carta, di maglia di ferro, frammenti di palla, pallini, picole schegge d’osso. Per trovare “le palle e gli altri corpi estranei. ” il Paré suggeriva “di farlo con un dito, piuttosto che con un altro strumento, perché il senso del tatto era più sicuro di ogni sonda. ” Non suggeriva però di lavarsi le mani.
In quel torno di tempo, data la grande diffusione. di armi da fuoco, vennero inventati strumenti specifici per curare le ferite, e il primo estrattore di palle fu chiamato “Alfonsino” dal nome del suo inventore.
Alberto Prelli, Sotto le bandiere di San Marco . Le armate della Serenissima nel ‘600.