I PADOVANI ALLA GUERRA DI GRADISCA (1616-17) Tra obbedienza e titubanza
Credo pochi sappiano del notevole apporto del contado padovano all’assedio Gradisca, allora città fortificata nel Friuli sotto il dominio asburgico. Venezia, non riuscendo a far fermare dall’Austria i continui assalti dei pirati uscocchi che partivano da basi sotto il diretto controllo di Vienna, pensò bene di iniziare un conflitto con la medesima, aprendo nel contempo un tavolo di trattativa per risolvere alla radice il problema.
Accanto all’esercito di mercenari, furono inviati al fronte, per rendere più efficace l’assedio della cittadina, dei contingenti di Cernide, ed il maggior numero fu “levato” (termine che si usava allora) nel distretto di Padova, questo probabilmente perché la città e la sua provincia era tra le più floride e popolate dello “stato da tera”. Ecco cosa scriveva nella Relazione il Podestà Giovan Batista Foscarini, del 16 settembre1614, dopo un’accurata descrizione dello stato delle arti e del popolo (Nazione, allora si diceva così) della Padovana:
“quella città da alcuni anni in qua ha ricevuto grand’augnento di popolo; onde spero che nello spacio di pochi anni debba essere delle più popolate città dello Stato della Serenità Vostra”.
Ecco quindi la Patria chiamare e i “levati” obbedienti accorrere, ma quando fu loro spiegato che non si trattava della solita mostra, ma si andava in contrade lontane (Istria e Friuli) magari per morirci, la gran parte si tira indietro, “accampando scuse e impedimenti per non andarci”. Magari in un altro stato, italiano o europeo, se ne sarebbero impiccati una decina a mo’ d’esempio, ma questo non era nello stile del paterno governo veneto. Infatti il Capitano Vitale Lando si prodiga per rassicurarli e scrive nella sua relazione: “…con ammonimenti et essortazioni amorevoli io li feci acquietare e se ne andarono via con molta obbedienza senza strepito alcuno. Ma molta maggiore difficoltà ho provato questo maggio passato nell’ispezione di altri 1200 fanti di cernide, così che questi erano meno liberi che li primi delli impedimenti et interessi della casa, perché ne vedevano tornare dal campo molti ammalati, et che la guerra ne consumava, per malattie e per altro, una gran parte di loro… di quei primi che sono ritornati…ho veduto che sono mancati la terza parte di loro”.
Ecco allora il suo successore Nicolò Vendramin, “capitanio di Padova”, prodigarsi anche verso i superstiti e i parenti dei caduti “consolandoli” per le ferite, le malattia e la perdita delle vite, probabilmente, come usò sempre la Serenissima, con premi in denaro e pensioni per le vedove dei defunti.
Scrive Ivone Cacciavillani: il bilancio dell’operazione Gradisca dev’essere stato fatto con molta attenzione dalla stessa Dominante, se è vero che dopo queste esperienze non si constano più invii di reparti di Cernide in operazioni di guerra attiva. Il loro impiego restò limitato a compiti logistici in piccoli reparti, specie nella costa istriana e dalmata”.
IVONE CACCIAVILLANI La Milizia territoriale della Serenissima. Ed. Sigmum padova
Nella illustrazione le Cernide di Antonio Savorgnan a Udine nel 1511.