IL ‘DIVORZIO’ A VENEZIA… L’AUTONOMIA DELLA DONNA VENEZIANA.
Di M. Bozzolan
In realtà con questo termine si comprendeva sia la separazione che l’annullamento vero e proprio del matrimonio, per difetti di forma o di sostanza, ma quello che colpisce, dati i tempi, era che la donna in maniera autonoma, poteva avviare le pratiche ed era libera quindi di abbandonare il tetto coniugale. Secondo Edoardo Rubini (Giustizia Veneta)
nella relativa autonomia femminile vi era un retaggio degli usi e consuetudini dei Veneti antichi, tra i quali ( oggi è storicamente e concordemente accettato) la donna aveva un ruolo importante ed autonomo dall’uomo, tanto da trasmettere il potere ed i titoli della stirpe.
Tornando ai tempi della Serenissima, ecco come avveniva la separazione (o divorzio):
“In un solo medesimo giorno la femmina impetra il monitorio alla Curia, ottiene dal Magistrato Eccellentissimo dell’Avogaria il comandamento e e rifugiandosi o nella casa paterna o in uno dei quattro conservatori (luoghi di ricovero) nei quali vive a sua voglia ed esce quanto più le aggrada, abbandona senza ribrezzo i suoi figli e si sottrae dal convivio e dalla soggezione del marito”. (1)
Aggiungo che, una volta discussa la causa, ella poteva rientrare in possesso della dote, di cui il marito diveniva, al momento del si, solo l’amministratore ma non il proprietario.
(1) G. Cozzi, note e documenti sulla questione del divorzio a Venezia, Università degli studi di Venezia, Facoltà di Lettere e Filosofia.
La donna e la giustizia penale veneziana nel XVIII secolo di Madile Gambler.