Il monumento al Gattamelata, prima statua equestre di grandi dimensioni fusa dai tempi dell’antichità
Il monumento equestre al Gattamelata è una statua in bronzo di Donatello, situata in piazza del Santo a Padova. Eretta in onore del condottiero della repubblica veneta Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, risale al 1446 al 1453 e misura 340×390 cm, con lo zoccolo di base di 780×410 cm.
Si tratta della prima statua equestre di grandi dimensioni fusa dai tempi dell’antichità ed una delle prime opere scultoree dell’epoca moderna svincolate da un’integrazione architettonica (come ad esempio il sottostare in una nicchia): l’opera si propone infatti come forma autonoma, che si rapporta nello spazio con il suo solo volume, senza altri limiti.
Vasari nelle Vite descrive il Gattamelata come la prima opera padovana di Donatello, la commissione della quale lo aveva spinto a partire da Firenze nel 1443, lo stesso anno della morte del condottiero. In realtà alcuni studiosi hanno messo in dubbio questa ipotesi, collocando la commissione al 1446, quando l’artista si stava facendo un nome in città per la fusione del magnifico Crocifisso bronzeo della basilica del Santo ed era stato incaricato di fare anche l’altare maggiore.Il monumento era stato forse previsto fin dal 1443, ma Donatello dovette iniziare a lavorarvi non prima del 1446, poiché nella primavera del 1447 approntò i modelli per la fusione del cavallo e del cavaliere. L’opera permise all’artista di cimentarsi nella tipologia squisitamente classica del monumento equestre. Nonostante il rapido inizio i lavori si protrassero poi fino al 1453, anno in cui venne collocata sul piedistallo e Donatello lasciò Padova. In quell’occasione una commissione di cinque membri stimò il valore dell’opera per saldare il pagamento all’artista e vennero decisi 1650 ducati.
I costi vennero finanziati in gran parte dalla vedova del condottiero, Giacoma Bocarini Brunori, sorella di Gentile da Leonessa, ma una parte venne forse coperta anche dal Senato veneziano, che deliberò un’autorizzazione per creare il monumento a Padova, che era sotto il suo dominio dal 1405.
Il monumento non nacque come cappella funebre, nonostante le porte nell’alto piedistallo. Come da sue volontà testamentarie, il condottiero venne sepolto all’interno della basilica del Santo, dal 1458. Ma l’opera, libera anche da funzioni funerarie, si manifesta così come la prima opera pubblica puramente celebrativa, dove erano sottintesi sicuramente ruoli politici che oggi appare difficile mettere a fuoco con assoluta chiarezza.
Il Gattamelata in vita era stato un condottiero non particolarmente vittorioso, ma una volta morto ricevette l’onore di un monumento equestre, che solitamente era stato ad appannaggio esclusivo dei nobili più famosi e dei sovrani. Quando Donatello era ancora in vita correva il detto satirico che sul suo monumento il Gattamelata fosse rappresentato col cavallo col quale era solito fuggire dalle battaglie. 🙂
Il condottiero
Donatello creò un’opera basata sull’umanistico culto dell’individuo, dove l’azione umana appare guidata dal pensiero.
La figura del Gattamelata è infatti fiera e severa, e reca in mano il bastone del comando, probabilmente quello che gli offrì effettivamente la Repubblica di Venezia nel 1438. La sua armatura, elegantemente decorata, fu reinventata da Donatello, parafrasando liberamente un’armatura “all’antica”, che non corrisponde assolutamente alle armature in uso ai tempi della realizzazione dell’opera.
Il condottiero, con le gambe tese sulle staffe, fissa un punto lontano e tiene in mano il bastone del comando in posizione obliqua che con la spada nel fodero, sempre in posizione obliqua: questi elementi fanno da contrappunto alle linee orizzontali del cavallo e alla verticale del condottiero accentuandone il movimento in avanti.
Il ritratto
Gattamelata avanza a volto scoperto: la presenza di un elmo a coprirne i lineamenti avrebbe reso il guerriero nulla più di una macchina da guerra, governata da una volontà superiore come quella divina caratterizzante il Medioevo. Il volto concentrato del Gattamelata esprime invece la determinazione di chi affronta la battaglia seguendo uno schema mentale vittorioso perché lungamente meditato.
Il volto è quello di un uomo ormai avanti con gli anni, ma non è l’uomo anziano e ammalato dei suoi ultimi giorni, morto poco prima dell’arrivo di Donatello a Padova. Ma ciò non toglie che il ritratto sia somigliante al vero condottiero, vista la profonda caratterizzazione espressiva dei lineamenti.
L’effigie, che si ispira innegabilmente alla ritrattistica romana, raggiunge quindi un equilibrio tra realismo fisionomico e idealizzazione psicologica. Soprattutto lo sguardo fisso e fiero trasmette caratteristiche quali la determinazione, la potenza, la forza di volontà, l’attitudine al comando, la concentrazione militare, la lealtà, l’integrità morale. Al giovane eroe bello e fisicamente perfetto dell’antichità classica, si sostituisce ora la rappresentazione dell’uomo razionale: l’eroe moderno, rappresentato nel suo essere semplicemente uomo.
La statua venne fusa con la tecnica della cera persa, una tecnica antica riscoperta su dimensioni monumentali proprio da Donatello, nel suo San Ludovico di Tolosa (1421-1425).
Vasari lodò molto l’impresa anche dal punto di vista tecnico, sottolineando la “grandezza del getto in proporzioni et in bontà”, paragonando Donatello agli antichi artefici che era riuscito ad uguagliare.
Il cavallo
La figura massiccia dell’animale è fremente ed attraversata da un’evidente tensione, nonostante il movimento trattenuto, che sembra corrispondere a un’andatura lenta ma dritta, senza esitazioni. Le proporzioni del cavallo sono leggermente superiori di quelle del cavaliere e ciò è stato interpretato come un effetto voluto per accentuare l’impresa del comando del condottiero, capace di cavalcare un animale di tale stazza. L’imbrigliatura, la sella e le decorazioni ornamentali sono moderne e dimostrano come lo scultore non citò pedissequamente i modelli antichi, dove si cavalcala con un semplice cuscino allacciato sulla pancia dell’animale. L’espediente di appoggiare lo zoccolo alzato su una sfera (forse una palla di cannone) serve per garantire un equilibrio statico all’opera.
Si dice che le statue di Colleoni a Venezia e di Gattamelata a Padova si guardino.