IL PONTE DI RIALTO TRA LITI E PROGETTI OPPOSTI
di Milo Boz
San Marco e Rialto erano stati i due centri principali di Venezia da sempre. Mentre però gli edifici intorno a San Marco furono molto curati nell’estetica, essendo adibiti a funzioni pubbliche, Rialto, occupato da privati in genere, fu relativamente trascurato. Il grande incendio del 1514 non servì d’occasione per un progetto di grande respiro; nulla di paragonabile alla Borsa di Anversa finita nel 1530. Eventuali proposte eran destinate a fallire per via dell’interesse che il governo aveva a far riaprire al più presto i banchi e le botteghe da cui ricavava cospicui introiti. Vi era la guerra di Cambrai, e inoltre le rendite degli affitti erano altissime.
Tuttavia quanto non riuscì, o riuscì solo in parte per gli edifici intorno a Rialto, non accadde per il nuovo ponte, che divenne una delle glorie maggiori della Repubblica. Il vecchio ponte, alla fine del ‘400, era in pessime condizioni nel 1551 si pensò ad una costruzione elegante, in pietra, e si indisse il bando per il progetto, ma il Consiglio dei X non stanziò la somma. Dopo un certo ridimensionamento del Consiglio, una commissione arbitrale esaminò seriamente varie possibilità. Fu convenuto che il ponte fosse fiancheggiato da due file di botteghe (fonte di introito per lo stato), e che avesse un’altezza di arco di oltre sette metri dal livello del canale per permettere il passaggio del Bucintoro. a lungo si discusse sul numero delle arcate, se dovessero essere tre o una soltanto. Lo Scamozzi insisté con arroganza che tre erano indispensabili. Antonio da Ponte sostenne che ne bastava una e che sarebbe stata più imponente e la commissione dei nobili sposò la sua tesi. Due su tre votarono in suo favore ma il nobile rimasto in minoranza, probabilmente spalleggiato dallo Scamozzi, continuò a metter in dubbio la solidità dell’opera anche durante l’esecuzione dei lavori. Ma nel 1592 il ponte fu terminato e dimostrò la sua solidità superando le scosse di un terremoto.