IL RANCIO “OTTIMO ED ABBONDANTE” DELLA TRUPPA VENETA
In realtà era nulla quello che passava il Ministro della guerra (chiamato curiosamente “Savio alla scrittura”) dell’epoca. Ne dà una descrizione precisa Paleologo Oriundi, uno studioso del primo Novecento. Anche il pane, oltre al resto lo doveva comperare, presso il bettoliere del reggimento o fuori, il soldato, con la sua paga, su cui era trattenuta anche una percentuale per il costo della divisa. Non solo, anche le pentole e i tegami in genere venivano affittati dal “bettoliere” stesso. Il cui nome indicava chiaramente la sua funzione.
“Il vitto veniva provveduto sul posto nelle piazze dove era stanziate le truppe, con denaro contante o con semplici convenzioni commerciali, fatte direttamente dai comandanti le compagnie, meno il pane che era fornito direttamente dai depositi governativi.
La razione giornaliera di pane era di 16 once (libbra di 12 once) come si rileva dal ruolo della compagnia Molari il 15 luglio 1733… era fornito dal Magistrato alle Biave usandosi nel peso di una libbra grossa (Kg. 0, 477). In Verona esisteva un Panificio Militare istituito per decreto del Senato nel 1706.
L’Amministrazione Militare provvedeva per suo carico all’ordinario vitto e la bassa forza e gli ufficiali prelevando il pane, potevano pagarlo 5 soldi la libbra, pari a circa centesimi 18 (di inizio ‘900 ndR).”
Altra precisazione: essendo l’esercito stanziale in caserme o fortezze,o imbarcato su navi, da noi non esisteva la figura della vivandiera, personaggio pittoresco che probabilmente nacque con l’armata napoleonica.