LA FLOTTA DELLA SERENISSIMA A FINE ‘600. ARMATA GROSSA E SOTTILE qui vi spieghiamo la differenza.
SERGIO PIACENTINI
La flotta della Serenissima, chiamata normalmente dai Veneziani “l’Armata”, era divisa in due grandi gruppi; l’Armata grossa composta dalle grandi navi a vele quadre che utilizzavano solo il vento come forza motrice, e l’Armata sottile composta di tutte quelle unità, che per la loro locomozione, alla forza del vento univano la forza dei remi. In questa guerra i comandanti Veneziani raffinarono la tattica di usare, separatamente o congiuntamente, entrambi i tipi di nave, sfruttando al massimo le migliori caratteristiche di entrambi i tipi.
Le due armate erano usate congiuntamente nelle grandi battaglie navali, in special modo ai Dardanelli dove le galere, in mancanza di vento, erano utili per il traino e il posizionamento delle navi, e per combattere la flotta nemica che aveva la stessa composizione. Le imbarcazioni a remi, galere, galeazze, fuste ecc. erano fabbricate nell’Arsenale di Venezia, mentre le grandi navi a vele quadre, che all’inizio della guerra scarseggiavano, erano, acquistate o noleggiate, complete d’equipaggio o meno, soprattutto, in Olanda e in Inghilterra. La lievitazione delle spese, determinata dall’aumento del numero di navi necessario alla guerra, convinse nel 1660 il Senato della convenienza di costruire in proprio tali vascelli e, a tale scopo, si modificarono alcuni scali all’Arsenale. L’Armata grossa, al comando del Capitano delle Navi Armate, era accompagnata da numerose unità più piccole, il cui compito era svolgere tutte le attività sussidiarie, permettendo cosi alle unità maggiori di combattere sgravate dai vari servizi. Le Navi più grandi erano armate generalmente con un massimo di settantaquattro cannoni di ferro o di bronzo di vario calibro, disposti sui due ponti principali a formare due batterie.
Nella batteria inferiore, erano poste le artiglierie di più grosso calibro. Sul ponte di coperta erano invece posti i calibri più piccoli. Sul castello, sul cassero e sul casseretto erano distribuite colubrine e petriere in numero variabile. Per maneggiare i cannoni erano indispensabili un gran numero di serventi, poiché per un cannone da quaranta necessitavano dieci uomini, per uno da trenta otto uomini, per uno da venti sei uomini e per uno da quattordici quattro uomini.
Durante il combattimento tra vascelli in mare aperto, le navi si disponevano generalmente in una lunga fila, in modo da presentare al nemico le fiancate e cosi poter far fuoco con il maggior numero di cannoni possibili. Dirigeva in testa la Nave Capitana, cioè quella su cui era imbarcato il Capitano delle Navi, che era normalmente una tra le più possenti, seguita dalle altre in ordine decrescente di potenza e dimensioni, poiché il nemico concentrava sempre i propri sforzi sulle navi di testa del convoglio.
Le altre navi, Brulotti, Onerarie, da Corso ecc. si disponevano in una linea parallela, dalla parte opposta al nemico. Nel combattimento, quando era possibile, le navi di testa o di coda dovevano superare la testa o la coda della fila avversaria per aggirarla e sorprenderla su due lati. Altra manovra, di difficile attuazione era attraversare le linee nemiche scompaginando la formazione avversaria. Il Nani, lo storiografo ufficiale della Repubblica, consiglia di eseguire, sempre che possibile, tale manovra, sebbene la consideri di difficile attuazione, poiché essa richiede grande ardimento.
La nostra storia è davvero il nostro petrolio, la nostra energia, la nostra fonte di ricchezza. Ma i pozzi vanno aperti e sfruttati ogni giorno, è un giacimento senza fine.