LA RINUNCIA DELL’IDENTITA’ DELL’OCCIDENTE E L’ISLAM CHE CI UCCIDE
Combatteteli finché non ci sia più politeismo e la religione sia tutta per Allah. Se poi smettono… ebbene, Allah ben osserva quello che fanno.
RICEVO DALL’AMICO DANILO CAZZARO
La cosiddetta guerra contro il terrorismo forse è già persa. Il resto sono chiacchiere che sfioriranno come al solito.
Il motivo è essenzialmente sociale. Una guerra si vince innanzitutto se c’è, se ci sono cioè delle forze che si contrappongono. Forze che si contrappongono hanno ragione di esistere se c’è qualcosa da difendere. Contro l’ISIS o qualsivoglia gruppo jihadista, non esiste un fronte compatto semplicemente perché non esiste più nulla che abbia deciso di sopravvivere. L’Occidente e l’Europa in particolare hanno gettato la spugna, rinunciando a se stessi e alla loro identità. È avvenuto nemmeno troppo lentamente nell’ultimo mezzo secolo, in un silenzio compreso tra la malizia ideologica e la non curanza diffusa.
Qualcuno dirà che l’identità è un concetto superato, frutto di un mondo obsoleto e che l’unico valore in cui riconoscersi è la mescolanza delle identità stesse. Con queste premesse frutto di cinquant’anni di masochismo, ogni dibattito è inutile.
Le esplosioni e la morte normale nel cuore d’Europa non derivano da armi ma dalla stanchezza di esistere. Sono il suicidio di una società che non riconosce a se stessa un cammino storico, un’evoluzione avvenuta intorno a principi oggettivi e inalienabili. Dall’Editto di Costantino, alla Magna Carta, dalla Rivoluzione Francese alle ideologie del Novecento: per millenni l’Occidente ha proposto formule spesso in contrasto tra loro, ma comunque focalizzate essenzialmente su se stesso e sul suo futuro.
Cosa è rimasto di questo? Cosa siamo stati capaci di costruire negli ultimi decenni pensando alle generazioni che verranno?
Se la cultura occidentale sia morta a Yalta o a Woodstock poco importa. La quinta colonna del nemico che crediamo di combattere (chiamiamolo ISIS per convenienza…) siamo noi stessi, stanchi di sudare per qualcosa, ingrassati all’ombra dei privilegi che abbiamo ereditato dai nostri padri. Non riconoscere nella bozza di Costituzione europea la matrice cristiana è stato l’esempio più lampante di un’abdicazione generale. In un continente costruito fisicamente intorno ai campanili e alle croci il dibattito non sarebbe dovuto nemmeno nascere. Abbiamo reciso il filo col passato, fobici di ogni retaggio e di ogni tradizione.
Siamo una società obesa e virtuale che finge di volere e volersi bene solo per evitare il peso del sacrificio. Non a caso l’ossessione pacifista e terzomondista spesso è più intrisa di odio per le proprie radici che di carità per gli altri. È un cul de sac mentale da cui non si esce.
Combattere per se stessi è un impegno troppo gravoso, soprattutto per chi ha ceduto all’abulia dell’appartenenza e non si riconosce più in niente. Siamo finiti da tempo nel masochismo culturale, esterofoli per sport, critici per emulazione, suicidi per stanchezza. A fronte di culture giovani, affamate, determinate e spietate ci arrovelliamo in parole inutili aspettando la prossima tappa della corsa all’orrore.
Sembra inutile cercare soluzioni. L’Islam radicale è un fenomeno dell’attualità, semplice strumento della Storia. Anche se sconfitto sul campo sarà seguito da altro. Il nostro nemico siamo noi stessi, sempre più simili alla Roma del IV° e V° secolo o, per i veneti, alla Serenissima Repubblica di fine settecento.
Combinati così siamo destinati a sparire con grande scempio di ciò che nel bene e nel male è stato costruito nei secoli.
Il dato tragicomico è che molte serpi in seno della cultura occidentale gioiscono, credendo di essere fuori dal gioco, di essere diversi, di essere altro. Invece pure loro saranno sommersi da una nera onda islamica.