LA STORIA DI UN EDIFICIO VENEZIANO
Simonetta Dondi dall'Orologio
Edificio interessante è quello che occupa le Gallerie dell’Accademia di Venezia: divenne museo statale a partire del 1807, anteriormente era un complesso monastico appartenuto all’Ordine dei Canonici Lateranensi con l’annasse nel tempo la Chiesa di Santa Maria della Carità e la Scuola Grande.
La storia di questi edifici inizia nel XII secolo quando venne eretta la chiesa in muratura, assieme al convento monastico sostituendo le precedenti strutture di legno.
A partire del XV secolo con l’ingente contributo economico del papa Eugenio IV (Gabriele Condulmer), veneziano, i monaci la fecero costruire in stile Gotico: grazie ad un dipinto del grande Canaletto oggi sappiamo che aspetto aveva la chiesa, adornata di guglie e pinnacoli oggi non più presenti.
I lavori si affidarono a Bartolomeo Bon.
Nel dipinto si vede anche il campanile crollato nel 1744 e si può apprezzare che aveva la cuspide conica (originale rispetto ad altri veneziani).
In seguito a stravolgere l’intero complesso fu Andrea Palladio che avviò i lavori nel XVI secolo basando il progetto sui suoi studi delle Domus romane che ben si adattavo a strutture ampiamente organizzate come questa.
Col susseguirsi dei secoli però l’ ordine perse d’importanza e i lavori non furono terminati.
Dopo varie ristrutturazioni vi sono ancora tre importanti cambiamenti apportati da Palladio che si possono vedere: la scala ovale vuota nel mezzo, visibile, dove sono esposti i progetti di Carlo Scarpa e parte della collezione grafica delle Gallerie, se con garbo e con un sorriso smagliante si chiede al sorvegliante del piano di mostrarvela; la sacrestia della chiesa modellata come un “tablino” e infine la parete del chiostro a tre ordini sovrapposti, dorico, ionico e corinzio.
Nelle ultime due l’alternanza dei materiali, il rosso del marmo (nella sacrestia) o dei mattoni sagomati (nel cortile) e il bianco della pietra, crea una libera bicromia esempio lampante della profonda conoscenza di Palladio dell’architettura romana e rappresentativa di quell’adagio secondo il quale solo con una sincera conoscenza della regola si possa poi trasgredirvi.
Il cortile, in particolare la facciata del chiostro, è anche ben descritto nei I quattro libri dell’architettura dello stesso Palladio.
Nel 1760 Bernardino Maccaruzzi e Giorgio Massari apportarono ulteriori modifiche sostituendo completamente la facciata gotica.
Otto anni dopo venne soppresso l’ordine dei Canonici Lateranensi e iniziò cos’ il degrado dell’intera struttura.
Con la caduta della Serenissima nel 1797 e in seguito al trattato di Presburgo del 1805 a Venezia, diventata provincia del Regno Italico creato da Napoleone, vennero chiusi tutti i palazzi pubblici e vennero soppressi monasteri e conventi, cadde dunque l’ultimo baluardo: la Scuola Grande.
In questo periodo moltissime opere d’arte si dispersero nei musei francesi e quelle rimaste vennero raccolte negli edifici dell’Accademia.
Istituzione dal 1750, situata all’epoca al Fonteghetto della Farina, la scuola d’arte acquisiva già opere con finalità didattiche e di restauro.
Nel 1807 venne imposto all’Accademia di Belle Arti di trasferirsi nel complesso monastico e i lavori per rendere l’intera struttura atta all’insegnamento delle belle arti furono eseguiti dall’architetto Gianantonio Selva e dall’allievo Francesco Lazzari.
In quest’occasione la chiesa venne suddivisa verticalmente e orizzontalmente in due piani.
Al pian terreno vennero costruite 5 grandi sale dedicate agli allievi dell’accademia, mentre al secondo piano si crearono 2 saloni per l’esposizione di opere, alcuni dei saggi degli allievi e l’imponente collezione di gessi.
Nel processo vennero eliminati gli altari e gli absidi, le finestre gotiche vennero murate e l’illuminazione si ottenne con dei lucernari.
Fu proprio durante questi lavori di adattamento della struttura alle sue nuove esigenze che si persero quasi tutte le modifiche apportate da Palladio.
La divisione tra scuola d’arte e museo avvenne tra il 1870 e il 1882, tale decisione comportò una completa riorganizzazione e ricollocazione dell’intera collezione d’arte accademica, eliminando molte opere ottocentesche di poco valore, i falsi d’autore e molti saggi di allievi.
Le modificazioni sucessive dell’Accademia entrano già nel secolo XX e XXI, più conosciute da tutti quindi mi permetto di omettere quest’epoca molto vicina a noi……