LA TERZA VIA DI PAOLO SARPI, NE’ ‘LAICISMO’ NE’ STATO CLERICALE.
Di Millo Bozzolan
La terza via di Paolo Sarpi e della Serenissima Repubblica, tra laicità moderna e stato clericale.
Brano tratto dal “Discorso dell’origine dell’uffizio dell’Inquisizione”.
Tra le perverse opinioni, de’ quali abbonda il nostro secolo infelice, questa ancora è predicata, che la cura della Religione non appartenga al Principe, qual è colorata con due pretesti. L’uno, che per esser cosa spirituale, e divina, non s’aspetti all’autorità temporale. L’altro, perché il Principe, occupato in maggiori cose, non può attendere a questi affari.
E’ certo degna di maraviglia la mutazione, che il mondo ha fatto. Altre volte li santi Vescovi niuna cosa più predicavano, e raccomandavano ai Principi, che la cura della Religione. Di nuina cosa più li ammonivano, e modestamente riprendevano, che del trascurarla. E adesso niuna cosa più si predica, e persuade al Principe, se non che a lui non si aspetta la cura delle Cose Divine, con tutto che pel contrario la Scrittura Sacra sia piena di luoghi dove la Religione è raccomandata alla protezione del Principe dalla Maestà Divina, la qual anco promette tranquillità, e prosperità a quei Stati, dove la Pietàè favorita, si come minaccia desolazione, e distruzione, a quei governi dove le cose divine son tenute come aliene. ( Il neretto è mio, seguono esempi di antichi regni dove la Religione era curata massimamente)….
La vera Religione essendo fondamento dei Governi, sarebbe grande assurdità, tenendo ciò per vero, com’è verissimo, il lasciarne cura totale ad altri, sotto pretesto che sono spirituali, dove la temporale autorità non arriva, ovvero che il Principe abbia maggior occupazione che di questa.
Chiara cosa è, che siccome il Principe non è Pretore, né Prefetto, né Provveditore: così parimente non è Sacerdote, né Inquisitore, ma è ben anco certo che la cura sua è di sovrintendere, con tener in Ufficio, e procurar che sia fatto il debito, così da questi, come da quelli: e qui sta l’inganno, chè la cura particolare della Religione è propria delli Ministri della chiesa, siccome il governo temporale è proprio del Magistrato, ed al Principe non conviene esercitar per se medesimo né l’uno né l’altro, ma indirizzar tutti, e lo star attento, perché niuno manchi all’Uffizio suo, e rimediare alli difetti delli Ministri: questa è la cura del Principe così in materia di Religione, come in qualsivoglia altra parte del Governo.
Questa pagina dimostra che secondo il Padre Servita Paolo Sarpi, Consultore in Iure della Repubblica Veneta, la Serenissima era un classico STATO CONFESSIONALE.
Lo “Stato laico”, cioè liberale, allora non esisteva.
Secondo questa concezione, la cura del Principe (cioè dello Stato) tanto in materia di Religione, quanto in qualsivoglia altra funzione di Governo, era quella di SOVRINTENDERE sia l’attività dei magistrati ordinari (Pretori, Prefetti, Provveditori), sia l’attività dei religiosi che operavano nella Repubblica (Sacerdoti e Inquisitori).
È vero – dice Sarpi – che la cura particolare della Religione è propria dei ministri della Chiesa, ed è vero che il governo temporale (la giustizia civile e la politica) è propria del magistrato: tuttavia, al Capo dello Stato non spetta esercitar direttamente né l’uno né l’altro, ma indirizzar entrambi.
L’unica cosa che il Sarpi mette da parte è che sulle cose della Chiesa riguardanti la Dottrina, la giurisdizione ecclesiastica aveva competenza esclusiva e lo Stato non poteva nemmeno sfiorarle.
Non di meno, Sarpi mostra di rimpiangere i tempi passati in cui lo Stato si occupava in modo più pieno di tutelare la Religione Cristiana.
Purtroppo, il distacco tra le due concezioni esposte (quella recente, di inizio ‘600, è meno interventista) si deve al fatto che nel secondo ‘500 era esplosa la Riforma protestante che, avendo spaccato in due e più parti la Cristianità, aveva provocato una sorta di distacco tra il potere spirituale e quello temporale.
Eppure il Sarpi viene accomunato con facilità tra i più accaniti laicisti. La questione è alquanto più complessa, vedo.