LO STATO DA TERRA E LA BUROCRAZIA CHE LO REGGEVA. I RETTORI CON “CORTE”.
Di Millo Bozzolan
Il meccanismo che reggeva il Dominio (Dominium Venetum Respublica conservat… la Repubblica conserva il Dominio veneto) con una efficiente burocrazia, che attraverso i Rettori (il vertice) veneziani, permetteva l’amministrazione della Giustizia, rispettando le autonomie locali e riscuoteva le tasse. Le Provincie facevano capo alle città principali; le più grosse, come Padova, Verona ed altre, avevano la cosiddetta Corte, ovvero una burocrazia composta da cittadini veneziani che si servivano di subalterni locali. I centri più piccoli, senza “Corte”, avevano gli uffici che comunque facevano capo a un controllore veneziano… se vuoi saperne di più, leggi sotto 🙂
Ivone Cacciavillani ci spiega che Rettori, Podestà (Giustizia) e Capitanio (Responsabile dell’ordine e delle Milizie locali) erano eletti dal Maggior Consiglio, con scelte oculatissime, che rispettavano una certa gerarchia di influenza dei maggiori casati veneziani. In pratica, le Città più grosse, in genere erano amministrate da un gruppo di famiglie, di maggior peso nel Consiglio -lo stesso accadeva per l’assegnamento degli incarichi burocratici ai “cittadini” veneziani, i quali erano inscritti a un “Albo d’argento” del tutto analogo a quello d’Oro della nobiltà.
L’appartenenza all’Albo era regolata da norme assai rigide, come l’eventuale esclusione. Le Rettorie senza Corte, le minori erano servite da una burocrazia appartenente al ceto cittadino locale, con la presenza di alcuni sovrastanti cittadini veneziani. -tutta la burocrazia veneziana, vero motore dello Stato, era rappresentata concretamente dal “Cancellier Grando” che seguiva il Doge, secondo quindi per importanza, nelle processioni e nelle cerimonie ufficiali.
La funzione di tante Rettorie periferiche aveva una funzione, a volte, strettamente “seminariale”: vi erano inviati i giovanissimi rampolli delle Famiglie nobili a far le prime esperienze sul territorio dei domini e ne venivano verificate sul campo le capacità. Prestigiosi casi di carriere politiche iniziarono proprio da piccole Rettorie, di solito senza “Corte” ma accanto al giovanissimo Rettore veneziano veniva posto un occhiuto segretario dell’ordine cittadinesco della Capitale, col compito ufficiale di consigliarlo al meglio, ma anche di valutarne le doti di governo, da annotare nel fascicolo personale, e tutto veniva a formare il suo “curriculum” personale. Era quindi determinante il ruolo della Burocrazia nelle Rettori, vero motore dello Stato. Il Rettore dopo un tempo più o meno breve, cambiava, il continuum era rappresentato dai burocrati e dai loro uffici.
Andando per le Città capoluogo si vede una gran quantità di lapidi e scritte (specie nel palazzo dei Rettori di Belluno e Feltre) che esaltavano Rettori e Capitani di cui si è persa memoria ma a fare “veneziane” le Terre era la burocrazia attraverso l’opera continua dei suoi bravi funzionari attuando passo passo, per quattro secoli, quella progressiva uniformità che darà vita allo stato veneto. Piano piano, vi fu una assimilazione delle istituzioni veneziane nella Terraferma veneta, della Patria del Friuli e della Lombardia veneta.
sunto da : stato da Terra della Serenissima Di Ivone Cacciavillani, lo trovate nelle biblioteche pubbliche.
Grazie per aver pubblicato il mio commento e i miei migliori auguri affinché questo sito possa crescere e sensibilizzare quante più persone ad una giusta causa e far loro amare la propria terra.
Da quel che ne so la corte dei rettori veneziani non era composta da cittadini lagunari ma dai cosiddetti assessori, un ceto di esperti del diritto assunti al seguito dei magistrati attraverso un regolare concorso, per lo più appartenenti ad insigni famiglie della terraferma e dello stato da mar, non necessariamente nobili, addottorati allo studio di Padova, ciascuno dei quali era deputato ad un ramo delle competenze giuridico – amministrative di pertinenza del rettore, come il giudice dell’aquila per l’istruzione delle cause civili, quello del grifone o del maleficio per le cause penali, ed altri. Questi professionisti del diritto conoscevano la legislazione romana, quella veneta e gli statuti delle comunità presso le quali prestavano il loro servizio. Erano in sostanza un ceto di ministeriali itineranti e forse il vero collante tra le diverse tradizioni giuridiche del dominio veneto.
Da questo punto di vista a me sembra insostenibile la tesi di coloro che biasimano Venezia per non aver saputo costruire un’efficiente burocrazia centrale, capace di raggiungere capillarmente gli angoli più riposti del Veneto (sì, proprio del Veneto, a me pare giusto chiamare il dominio con questo nome e le carte d’archivio mi danno ampiamente ragione, almeno sino al primo decennio dell’Ottocento). In realtà la burocrazia centrale raggiungeva, eccome, le comunità suddite. Il ceto degli assessori serviva proprio a questo, ma era un ceto indipendente dalle gerarchie più alte dell’apparato amministrativo dello stato, ossia dalla cancelleria ducale posta sotto il controllo dei cittadini originari e questo non a caso. Più ancora che per controllare il territorio gli assessori servivano ad agevolare i rettori nel perseguire quella funzione arbitrale che le popolazioni si aspettavano Venezia sapesse garantire in saecula saeculorum.
Una burocrazia posta a salvaguardia delle autonomie locali quella veneta, garante del rispetto degli statuti da parte dello stesso stato centrale di cui poteva dirsi come tutte le burocrazie una diramazione. Non quindi un apparato tentacolare onnipresente ed oppressivo, ma un’autorità paterna e gelosa custode delle tradizioni culturali dei propri sudditi.
Tra tutti consiglio il saggio introduttivo di Claudio Povolo, L’intrigo dell’onore: poteri e istituzioni nella Repubblica di Venezia tra Cinque e Seicento, Cierre, 1997
Saluti.
molto molto interessante, il suo commento, Paolo. Se ne ha voglia butti giù due righe su un argomento che le interessa, noi saremmo onorati di pubblicare. Millo Bozzolan