lo stato veneto e l’assistenza ai poveri. il Corpus Domini. Senatori a braccetto con i mendicanti.
di Millo Bozzolan
Oggi va per la maggiore un motto: aboliamo lo stato, affidiamoci all’impresa privata che creerà ricchezza per tutti. Mi pare che si cada da un estremo all’altro, per colpa dei tanti esempi di sperpero e ruberie che offre lo stato italiano.
Ma quello che accade da noi, non è la regola, per fortuna: ci sono tanti esempi di stato virtuosi, il cui apparato è al servizio della collettività, e non viceversa. Succede in genere appena si varcano le frontiere, quindi direi che non è il caso di buttare il bambino con l’acqua sporca. Immaginate cosa sarebbe l’Italia senza alcuna norma che tuteli i più deboli, dove se non si frenasse l’impresa privata, in poco tempo il sistema economico finirebbe in mano di pochi pirati che rastrellerebbero ogni ricchezza in regime di monopolio di fatto.
Noi veneti abbiamo l’esempio della Repubblica marciana, che era uno stato basato sui principi cristiani di solidarietà, e la carità verso i più deboli e gli ultimi, era incoraggiata in ogni maniera. L’assistenza ai deboli era affidata alla chiesa, controllata capillarmente dallo stato nel suo operato, e si incoraggiavano le donazioni dei ricchi a favore di opere socialmente utili.
Si preferiva certamente che fosse il privato a coprire i costi, ma nei casi di emergenza interveniva lo stato stesso, con i propri mezzi. Questo accadeva regolarmente nei periodi di carestia (distribuzione di derrate a prezzi calmierati o in maniera gratuita) o nelle epidemie, in cui venivano istituiti lazzaretti pubblici. Anche incurabili, poveri e orfani erano ricoverati in appositi centri gestiti dallo stato.
Uno stato cristiano legittimava anche con questa attività caritatevole ed assistenziale, la sua esistenza. E questa attività era un mix di pubblico e privato, dove lo stato cercava di coinvolgere in ogni maniera il cittadino più ricco (anche con esenzioni fiscali) nell’assistenza ai più poveri. E per ricordare quale fosse il fine ultimo del potere, il giorno di Corpus Domini, in piazza San Marco in una solenne processione, ogni Senatore della repubblica, in pompa magna, si accompagnava a braccetto a un povero, a un malato, all’ultimo della terra. Credo che questa fosse anche una grande lezione di umiltà per gli uomini più potenti dello Stato veneto.
D’accordo con Milo. Si può anche osservare: 1. nella Veneta Serenissima Repubblica l’intervento dello Stato in economia (come pure nella vita pubblica e persino nella vita privata) era piuttosto intenso. Nulla era lasciato al caso, ogni stortura era subito raddrizzata. Eppure, grazie all’intervento protettivo di uno Stato (spesso definito “paternalista”) tutti vivevano bene: così come i genitori che si curano dei figli con avvedutezza li rendono felici, così anche i cittadini che godono della protezione dello Stato vivono meglio. 2. è vero che lo Stato aveva affidato l’enorme apparato assistenziale alla vita sociale cattolica, in parte ad organizzazioni di credenti che non erano preti (cosiddetti laici), come le Schole di devozione e le Arti, in parte ad istituti religiosi. Questo complesso funzionava assai meglio che l’odierno apparato assistenziale di carattere burocratico. 3. L’intervento pubblico era massiccio anche in campo economico, la Repubblica difendeva l’impresa privata con severe leggi protezionistiche e anche con le armi. 4. oggi si assite anche ad un altro fenomeno: la distruzione della piccola impresa, a favore delle multinazionali, dei gruppi bancari, della grande industria, delle lobbies corporative. La Repubblica faceva il contrario: difendeva sempre i piccoli imprenditori dalla pressione dei più forti. Uno dei fenomeni degenerativi di oggi è la contribuzione pubblica all’impresa, che falsa la libera concorrenza e crea camorre e privilegi (vedi anche i fondi europei). Una cosa del genere nella Veneta Serenissima Repubblica sarebbe stata vista come fumo negli occhi.