Mastino della Scala, gloria di Verona.
di Giorgio Burin
Secondo alcuni di origini germaniche, secondo altri latine, una famiglia “della Scala” era probabilmente a Verona fin dagli inizi del XII secolo. In un documento della fine del XII secolo viene nominato tale Arduino della Scala, mercante di lane, agiato ma privo di cariche nobiliari, appartenente a quella borghesia cittadina che era emersa come nuova realtà socio-politica, si direbbe con linguaggio moderno, nell’ascesa dei comuni del nord Italia.
Troviamo infatti il nipote, Jacopino della Scala, impegnato in politica come podestà di Cerea agli inizi del 1200.
Ritroviamo gli scaligeri a fianco di Ezzelino da Romano, con Leonardino della Scala, detto Mastino, che nel 1259 venne eletto Podestà di Verona.
Mastino aveva dimostrato grande abilità ed intelligenza politica e grazie alla sue capacità diplomatiche, riuscì a sopravvivere, anche politicamente, alla caduta di Ezzelino. Verona infatti era riuscita, a differenza di altre città della Marca, a mantenere il suo orientamento ghibellino, e proprio per aumentarne la stabilità contro le fazioni guelfe che avevano ricominciato a spadroneggiare nei territori prima controllati dai da Romano, nel 1262 Mastino della Scala venne nominato Capitano generale e perpetuo del popolo. Era il primo passo verso la formazione della signoria che, prima delle molte che sorsero poi in Italia, governò su Verona per più di cento anni.
Nel 1267 Corrado V di Svevia, detto Corradino, ultimo della casata del Barbarossa e di Federico II, gli Hohenstaufen, scese in Italia, dove si consumavano sempre più aspre le lotte tra guelfi e ghibellini, per cercare di riconquistare il titolo di imperatore che era stato della sua casata.
Giunto nella Verona ghibellina di Mastino della Scala vi fu accolto con grande fasto. Lo scaligero lo accompagnò anche in parte della sua spedizione italiana fornendogli aiuto militare. Molti cavalieri veronesi parteciparono alla spedizione dell’aspirante imperatore.
Clemente IV, vedendo nella spedizione di Corradino una minaccia alla sua influenza su territorio italiano lo scomunicò, così come era accaduto per altri illustri Hohenstaufen.
Vennero inoltre scomunicati tutti coloro che gli avevano dato appoggio, compresi Mastino della Scala e l’intera città di Verona. La scomunica venne revocata solo nel 1276 quando Mastino, assieme al fratello Alberto della Scala, fedele alleato nel governo di Verona, aderirono alla crociata contro le eresie cristiane che agitavano la penisola non meno delle lotte di fazione.
A Sirmione, allora in territorio veronese, si era insediata una comunità catara sfuggita alle persecuzioni di cui erano vittima in tutta Europa. Gli Scaligeri occuparono Sirmione portando a verona circa 200 prigionieri e ottenendo, oltre alla revoca della scomunica, una nuova importante posizione strategica sul lago di Garda dove ancora oggi si può ammirare uno splendido castello scaligero.
Mastino, abile uomo politico e condottiero, ma di animo buono, si rifiutò di eseguire la condanna che ebbe luogo solo dopo la sua morte, quando gli eretici di Sirmione furono arsi in Arena.
Mastino proseguì quindi nell’opera di mediazione e pacificazione di Verona, tendendo la mano anche a quelle famiglie guelfe che sempre si erano opposte al governo ghibellino della città. Nonostante tutto, nel 1277, mentre rientrava nel palazzo di famiglia, ove oggi vi sono le case Mazzanti in piazza Erbe, nel buio e angusto vicolo d’accesso, volto Barbaro, venne preso in un’imboscata e trucidato. Nella piccola piazzetta, nascosta tra piazza Erbe e piazza dei Signori e domina dal grande pozzo detto dei Mazzanti, una targa ricorda l’efferato delitto.