QUI I FATTI STORICI LEGATI ALLE SPOGLIE DI SAN MARCO PORTATE A VENEZIA
Edoardo Rubini
Rispetto a quanto detto dai mass media, vanno sottolineati i fatti storici piuttosto che le pur belle leggende.
Di solito in materia di san Marco tutti ripetono due corbellerie:
1. i Veneziani, soliti ladri, hanno rubato le spoglie di san Marco;
2. il trafugamento è una leggenda.
Si tratta invece di fatti storici documentati, i Veneziani non hanno rubato nulla, hanno invece salvato le spoglie di san Marco dal pericolo di distruzione o dispersione seguito all’occupazione mussulmana di Alessandria.
Segnalo quanto scritto in un sito copto (sono meno ignoranti di noi cattolici):
http://robertobrumat.wordpress.com/tag/rustico-da-torcello/
L’Evangelista Marco come traduttore personale di Pietro che non parlava greco (allora lingua internazionale, paragonabile all’odierno inglese) si era occupato prima della comunità ebraica (che a Roma contava 45.000 persone), poi di quella romana.
Ascoltando il vecchio discepolo e traducendone i racconti iniziò a trascriverli sintetizzandoli. Così nacque il vangelo di San Marco. Per diffondere la parola di Gesù, nell’anno 48 Pietro inviò Marco ad Aquileia che, per importanza dopo Roma, era la seconda città della penisola. Lì il santo rimase due anni, ricevendo nuovi e vecchi fedeli a cui raccontava quanto appreso da san Pietro, standosene seduto su una cattedra che gli era stata regalata. Consentì poi che le sue scritture redatte in greco (il suo è il più breve dei quattro vangeli) venissero copiate per essere meglio pubblicizzate. Nei 16 capitoli del suo vangelo, sono forti gli accenni a Cristo come figlio di Dio e per questo come simbolo dell’evangelista fu scelto il leone, dominatore degli animali. Secondo la tradizione, poi, ad Aquileia san Marco compì il suo primo miracolo guarendo dalla lebbra Ataulfo, figlio di Ulfio, il capo della città.
Marco tornò a Roma assieme ad Ermagora, perché Pietro desse al friulano da lui scelto, l’incarico ufficiale di responsabile dei cristiani di Aquileia. Rientrando con una barca a vela (da Aquileia a Ravenna, per proseguire poi via terra), una bufera li costrinse ad attraccare su un isolotto della laguna veneziana, Rivo Alto (oggi Rialto) dove (secondo la leggenda) Marco ebbe la visione mistica che profetizzava la sua sepoltura in una magnifica nuova città, Venezia [l’angelo gli profetizzò: Pax tibi Marce, Evangelista mei, qui riposeranno le tue spoglie].
Da Roma Pietro lo inviò per far proseliti ad Alessandria, metropoli cosmopolita di un milione di abitanti, dominata dal faro alto 120 metri e dal tempio del dio Serapide. Dopo essersi fermato nella sua Cirenaica [Libia orientale] per un periodo di apostolato, Marco raggiunse Alessandria aiutando la prima comunità cristiana d’Egitto e compiendo miracoli.
Lì però i suoi avversari lo fecero arrestare mentre celebrava la messa di Pasqua e non sopravvisse al secondo giorno di detenzione, morendo il 25 aprile del 68. Il corpo gettato nelle fiamme, secondo la leggenda venne graziato da una violenta bufera, così che le sue spoglie poterono essere messe in salvo nella stessa località di Boucoli, dove Marco amava rifugiarsi nella prima chiesa costruita. Il santuario lì eretto nel 310, risparmiato dall’attacco dei persiani del 620, fu invece bruciato durante l’invasione araba del 644, ma le reliquie vennero salvate e tornarono nel ricostruito santuario di Alessandria.
Nell’828 un gruppo di mercanti veneziani vi giunse appositamente per sottrarle e portarle nella nascente Venezia che aveva bisogno di un santo protettore da venerare. Del gruppo facevano parte Buono (dell’isola di Malamocco o Metamauco) e Andrea detto Rustico (di Torcello). Buono era stato nominato tribuno per essersi distinto nella battaglia navale contro il re d’Italia franco Pipino il Breve, che aveva tentato nell’810 di entrare in laguna; Rustico era un ex carpentiere divenuto poi commerciante. Per il loro coraggio, testimoniato dal tribuno Angelo Partecipazio, furono quasi certamente incaricati dal figlio di questi, il doge Giustiniano Partecipazio, della delicatissima missione segreta. Partiti nel novembre 827 con 10 navi, si staccarono dalla flotta con la San Nicola di proprietà di Buono, per raggiungere Alessandria d’Egitto contravvenendo alle disposizioni dell’imperatore di Bisanzio (e dello stesso doge) di non trafficare con gli arabi. Della tre alberi facevano parte, con loro altri 10 di equipaggio: Pietro secondo ufficiale; i marinai Giacomo, Emilio, Nikos e Medes; il legato del doge Isepo Basejo detto Giusto; i soldati Brutus detto Brutto e Hubert de Gascoyne detto Franco; il medico ebreo Elihu ben Moische e il suo assistente Rebekan ben Moische.
I due mercanti avvicinano i padri custodi del santuario, Staurazio e Teodoro, che li avvertono dell’intenzione del califfo Mamum di Alessandria di costruire moschee usando colonne e marmi presi dalle chiese cristiane; i musulmani hanno già arrestato un altro custode di quel tempio. Gli emissari di Venezia quindi propongono ai religiosi di sostituire le spoglie di san Marco con quelle della martire santa Claudia e di accompagnarle assieme a loro in Italia.
I quattro allora nascondono i resti in ceste di vimini sotto foglie di cavoli e di carne di maiale kanzir (che gli islamici, considerandola impura, non avrebbero mai toccato) e li caricano sulla loro nave, probabilmente una acazia a tre alberi (acazia deriva dal greco akis, punta, dal nome della ciabatta greco-araba akazia). Nonostante il mare agitato, la nave risale l’Adriatico fino a Umago in Istria, da dove i due comandanti inviano un’ambasciata al doge il quale prepara la degna accoglienza.
Il 31 gennaio 828 il corpo di san Marco arriva a Venezia nel porto di Olivolo (sede vescovile nel sestiere Castello) dove ad accoglierlo ci sono il vescovo Orso, il doge Giustiniano Partecipazio e la città intera. In attesa che venga costruita la basilica di San Marco (con funzione di cappella del doge), le spoglie del santo restano in una stanza di Palazzo Ducale. Una volta portato a Venezia san Marco, i due eroi ottennero in premio 100 libbre d’argento.
Nel 810 il re d’Italia non era Pipino il breve figlio di Carlo martello re dei Franchi e padre di Carlo Magno ma Pipino d’Italia figlio di Carlo Magno
Io penso che, diversamente dalla presunta robustezza posta nelle sue premesse della storia di San Marco, la stessa abbia fondamenta molto fragili. Ovviamente se si vuole analizzare ed interpretare la storia usando due armi fondamentali: l’obiettività ed il buon senso (armi dimenticate da molti (sè dicenti) Cattolici anche di elevata cultura.
In mancanza quasi totale di fonti storiografiche alternative, nei primi due secoli dopo Cristo ha regnato il buio totale dove schiere di personaggi hanno letteralmente inventato centinaia di storie e leggende che trovavano terreno fertilissimo nell’ignoranza delle genti e si sono talmente incrostate nel tempo da acquisire la “patente” di Storia vera, o, coem dice lei “Fatti Storici Documentati” (ma da chi?).
Scevro da polemica, mi permetto di consigliare lo studio di un testo serio (Prima dei Vangeli – Barth D. Ehrman, Carocci editore). L’autore (ma basta guardare il suo profilo in Wikipedia) di fede Cristiana, è un dei più insigni bibiliografi mondiali).
Forse (ma per molti è comunque un passo difficile liberarsi da questa morsa) dare per scontato che Marco sia l’assistente di Pietro e che Pietro fosse quella persona descritta dalla storia (?) cristiana, diventerà un dubbio atroce e magari si accenderà il desiderio di studiare da altri lavori (sempre seri eh, no roba da micio micio bau bau).
Un cordiale saluto.
P.S.
Sì, sarebbe anche da correggere il refuso Pipino il Breve (che gera el nonno del Pipino in argomento)