San Martino e il Veneto
di Simonetta Dondi dall'Orologio
San Martino è un santo molto unito alla tradizione veneta, infatti ci sono moltissime località e parrocchie che portano il suo nome.
Il giorno 11 novembre, è un Capodanno perché si riallaccia al Samain celtico che durava una decina di giorni.
“Per S. Martino ogni mosto è vino” oppure “S. Martin castagne e vin” quest’ultimo proverbio è molto ricorrente soprattutto nel rodigino dove si festeggiava questa ricorrenza con questi alimenti, tipici della stagione.
Anche per i bambini era festa grande detta Martin baton: usanza tipica dei periodi di rinnovamento temporale.
Come si è spiegato il Samain inaugurava la stagione fredda, che per i Celti durava fino alla fine di aprile.
La tomba di S. Martino fu fin dai primi anni meta di pellegrinaggio: la gente si immergeva in un bacino sperando di guarire e riportavano dal loro viaggio, le fiale del terapeutico “olio di benedizioni” attinto alle lampade votive della chiesa.
Il culto si diffuse rapidamente anche in Italia: san Benedetto consacrò a Martino l’antico tempio di Apollo sulla vetta di Cassino, e volle poi morire nel suo oratorio.
Nato nel 316 o 317 nella Pannonia inferiore, ai margini della pianura ungherese, era entrato giovanissimo nell’esercito romano.
Nonostante l’educazione pagana ricevuta dai genitori, aveva dimostrato fin da ragazzo l’attrazione per il cristianesimo e si era iscritto a dieci anni fra i catecumeni, per ricevere il battesimo a ventuno. A trentotto riuscì ad ottenere il congedo dall’esercito, fondando a Ligugé il più antico monastero europeo, dove compì i primi miracoli guadagnandosi la fama di taumaturgo.
Eletto vescovo nonostante la sua riluttanza, (leggenda vuole che si nascose ma fu stanato da alcune oche), divenne un evangelizzatore esemplare, protettore degli oppressi e dei poveri.
Diventò patrono della gente di Chiesa, dei soldati, dei viaggiatori, degli osti e degli albergatori.
Nel Veneto abbiamo anche una filastrocca che dice:
“Questa xe la sera bela, Che se sta in canton del fogo, Coi maroni atorno, atorno, E con un bon bozzon de vin, Farghe viva a S.Martin“.
A Venezia nel giorno di san Martino è tradizione, preparare il tipico dolce di pasta frolla a forma di cavaliere, ricoperto di glassa, cioccolatini o caramelle e scambiarselo fra “morosi“, quale pegno di amore eterno.
Una volta invece, i bambini più poveri, andavano per le case a chiedere del cibo, in ricordo della generosità del Santo; oggi invece, i bimbi dotati di spada e mantellina, si accalcano per le strade a chiedere caramelle e dolcetti, facendo un gran baccano.