IL CLERO CHE ERA AMATO DAI VENETI, IL VESCOVO AVOGADRO E LE PASQUE VERONESI.
Il Vescovo Avogadro, animatore della resistenza di Verona durante le Pasque Veronesi era di famiglia nobile veneziana di origine bresciana. Edoardo Rubini ci fornisce qualche altro dettaglio sul casato:
Carissimi,
come dicevo nella e-mail precedente, Giovan Andrea Avogadro era nato a Venezia, in questa Vi mando in allegato
le note genealogiche redatte da Casimiro Freschot: lo stemma era uno scudo d’argento, portava tre bande merlate rosse.
la famiglia era originaria di Brescia e si stabilì a Venezia a seguito delle strabilianti circostanze durante le quali, dogando Francesco Foscari,
Pietro Avogadro fu ammesso al Maggior Consiglio.
Per coltivare l’amore per il Veneto Patriziato, consiglio a tutti l’acquisto (libreria Filippi) di una copia anastatica dell’opera “La Nobiltà Veneta”
di Casimiro Freschot, insostituibile miniera di notizie sulle famiglie che ressero per secoli i destini della Patria.
Durante la prima campagna del Bonaparte in Italia il 17 aprile 1797 scoppiarono ovunque sollevazione dei Veneti contro i Francesi, Il Vescovo di Verona Giovanni Andrea Avogadro difese Verona contro i Francesi con tutte le sue forze, sacrificò persino gli argenti e le suppellettili delle chiese scaligere per finanziare l’acquisto di armi e rifornimenti per l’insurrezione delle Pasque Veronesi. il 24 aprile i Francesi costringevano il popolo di Verona alla resa ed esigevano in ostaggio sedici dei principali cittadini, fra cui il vescovo. Si svolsero processi sommari affidati alla corte marziale del generale Beaupoil, fucilazioni, deportazioni in massa e risarcimenti stratosferici: il generale Kilmaine confiscò la cassa pubblica, impose il pagamento di 1.800.000 lire tornesi, rapinò a più non posso capolavori pittorici, il consiglio giacobino obbligò alla consegna di ciò che si trovava nelle chiese e in altri luoghi di culto, infine dispose l’immancabile saccheggio del Monte di Pietà. La Corte marziale condannò a morte in contumacia i due governatori veneziani, mentre i rappresentanti veronesi (Conte degli Emilei e il Conte Augusto Verità) furono giustiziati assieme a tanti altri, colpevoli di aver resistito ad un esercito invasore che bombardava la città, tra cui il frate cappuccino Luigi Maria (al secolo Domenico Frangini). Fu lo sterminio anche per altri cinquanta Veronesi, spediti nel bagno penale della Guyana francese (aperta nel 1794 per eliminare gli oppositori politici).
Attraverso Brescia, il 29 aprile, si videro passare incolonnati 2.700 militari veneziani, disarmati dopo gli scontri, verso i castelli di Milano e di Pavia. Ne morirono circa 1.800 per le marce strazianti e gli stenti: chi si fermava era abbattuto sul posto, sicché riusciranno a far ritorno in meno di mille.
I patti della resa non furono osservati dall’Augereau, mandato a governare Verona: la notte del 7 maggio il vescovo fu imprigionato nel forte di San Felice. Là egli poté dare l’assoluzione ad Augusto Verità e a Francesco Emilei, condannati a morte e privati di ogni conforto religioso. Arma Avogadro: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b0/Coa_fam_ITA_avogadro4.jpg