di Theusk
In Valbelluna sono venuti alla luce diversi oggetti antichi, testimoni della pur breve presenza di popoli o milizie straniere.
Oltre a vario materiale barbarico trovato in diverse località, ad Arten e a Castelvint sono stati trovati due tesoretti con oggetti e monete bizantine.
Già nel XVII e nel XIX secolo varie armi e monete antiche furono rinvenute nel castello di Arten, sulle pendici meridionali del Monte Aurin. Tale castello, di cui non rimangono più nemmeno i ruderi, dominava l’accesso alla conca feltrina della Valsugana.
Nel 1875, durante uno scavo, vennero alla luce, assieme ad altri oggetti ora purtroppo dispersi, due piatti d’argento, che , passati in mano di antiquari, furono acquistati nel 1879 dalla Bibliotheque National di Parigi.
Uno di questi piatti è decorato con una scena mitologica, l’altro ha nel centro una stella a 28 punte attorno alla quale corre l’iscrizione “
Geilamir Rex Vandalorum et Alanorum”.
Il piatto doveva fare parte di un ricco bottino fatto dai Bizantini in Africa quando Belisario con Narsete, nel
533, sconfisse Geilamiro e lo condusse prigioniero a Costantinopoli, celebrando uno splendido trionfo.
Questo piatto dev’essere quindi giunto ad Arten dopo il 533 e, assieme al piatto d’argento con scena mitologica rinvenuto a Castelvint (castello che si ergeva di fronte a quello molto conosciuto di
Zumelle) , sembrano essere oggetti portati in questi luoghi dalle medesime vicende storiche per le quali si ipotizza un legame con la spedizione bizantina contro i Goti, guidati da Narsete nel 552.
Egli allora, muovendo dalla Dalmazia verso il nostro territorio passò per la Venezia Giulia e di li, attraverso le lagune avanzò verso Ravenna. È probabile che in seguito i Bizantini creassero un nuovo sistema difensivo lungo la frontiera alpina e che abbiano posto dei presidii in questi punti strategici per l’ingresso alla Pianura Padana.
I tesoretti di Arten e Castelvint, forse bottino di guerra degli stessi comandanti dei presidii, o forse doni dello stesso Narsete, furono nascosti all’approssimarsi del nemico temendo una probabile sconfitta ricordata forse ancora dal nome di Castel vint.
Il
piatto con l’iscrizione di
Geilamiro è decorato come si è detto, con una stella a 28 punte e sembra far parte dell’importante classe dei
piatti “di largizione“, il più grandioso tipo di doni destinati a grosse personalità.
Tali piatti, sia d’argento che di altri materiali, hanno in genere un’iscrizione che a volte accompagna la raffigurazione di imperatori o alti funzionari; questo, a quanto pare, è l’unico rinvenuto con l’iscrizione di un re barbarico e sembra essere più che altro un’imitazione dei piatti di largizione imperiali.
Il
piatto di Arten, più piccolo, è decorato da una scena mitologica lavorata a sbalzo su lamina d’argento e rifinita a bulino. Un giovane, con alti calzari, parzialmente coperto da un mantello, sta appoggiato alla lancia che, assieme al cane accovacciato ai suoi piedi, lo indica come cacciatore; egli guarda verso un’elegante figura di donna dal seno nudo ornato di una lunga collana che sembra porgergli un ramoscello; un bambino in mezzo ai due e le colombe all’esergo del piatto permettono di identificare in lei Afrodite e di riconoscere qui la scena dell’addio ad Adobe che nella mitologia era il bellissimo ragazzo al quale fu fatale l’amore di Afrodite.
Ricordiamo che le “Adonie” feste in onore di Adobe, si celebravano sin da tempi remoti in molte località del mondo greco, come pure in Siria e in Asia Minore. Le più importanti e fastose erano quelle di Atene e di Biblos e quelle di Antiochia e di Alessandria.
I piatti oggi si trovano entrambi in Francia.
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Considero sbagliato il termine “Bizantini” Siamo al tempo dell’Imperatore Giustiniano colui che con Belisario distrusse il regno Vandalo in Africa, riconquisto buonaparte della Spagna al regno barbarico degli Ostrogoti e riconquistò poi l’italia ai Visigoti. Questi imperatori si consideravano romani a tutto tondo anche se l’influenza della lingua greca era forte. lA CAPITALE ERA cOSTANTINOPOLI LA NUOVA ROMA. E’ stato Gibbon uno storico inglese nel 1700 per praticità ed ignoranza chiamare l’impero Romano d’oriente come Bizantino..