BERGAMASCHI A LEPANTO, così ci si batteva per Venezia e il Leone.
Alla rovina di Famagosta del 1° agosto 1571, che portò allo scempio di Marcantonio Bragadin e Venezia a dipingere di nero le sue gondole, seguì, la gloria di Lepanto (7 ottobre 1571). Inter nos possiamo però dire che quella nostra strepitosa vittoria non fu per i Turchi una disfatta perché, subito dopo, come avviene sovente nella storia d’Italia, ci fu un voltafaccia degli alleati e Venezia, rimasta sola nella lotta, dovette accettare una svantaggiosa pace, simile a una sconfitta. Il 7 marzo 1573 infatti essa dovette rinunciare a Cipro, a Dulcino, ad Antivari e pagare trecentomila ducati a titolo di indennità di guerra, conservando solo gli antichi privilegi nei porti ottomani.
Ma una delle conseguenze immediate della politica di Venezia in questo periodo e della sua minor fiducia nella Spagna, sua confinante sull’Adda, fu poi la deliberazione di fortificare Bergamo, che, secondo molti consiglieri, sarebbe appunto diventata un centro strategico di primo ordine nell’alta Lombardia.
Bergamaschi a Lepanto
Durante la rinnovata guerra contro i Turchi, Venezia chiese a tutte le città di Terraferma un contributo, che per Bergamo fu di 24.000 ducati; e il 7 dicembre 1571, cioè un mese dopo la richiesta, la Signoria già incaricava i rettori di ringraziare i cittadini bergamaschi per quanto avevano fatto per tale tributo.
Corrispondendo poi agli inviti di Venezia per contribuire alla difesa di Cipro, Bergamo offrì ancora 10.000 ducati per armare una galea, alla quale fu dato il nome glorioso di S. Alessandro, e anche 224 galeotti (N.B. : rifare la porta di S.Lorenzo -1627 -costerà 4.000 ducati).
Ma già alcuni guerrieri bergamaschi erano partiti alla difesa dell’isola:
Giacomo Barile, Agostino, Galeazze e Camillo Canova, Galeazze e Carlo Calepio, Antonio Calvi, Francesco Corsini, Francesco Casotti, Orazio Spini, Marcantonio e Pietro Boselli, Ferrante Ambiveri, Giacomo Berlendis, Giovan Francesco Vitalba, Francesco Suardi, Giuseppe e Alessandro Bagnati, Federico ed Ezechiele Solza, Antonio e Ruggero de Tassis, Gio. Battista Brembati, Battista Quarenghi, Francesco Martinengo.
Alcuni di questi perirono gloriosamente prima ancora della battaglia di Lepanto, come Carlo Calepio, fatto prigioniero dai Turchi a Cipro, Pietro Boselli, capitano di 50 cavalli, caduto sotto Nicosia, Federico ed Ezechiele Solza, morti in combattimento alla Morlacca, dove caddero pure Antonio Calvi, Battista Quarenghi e Galeazze Calepio.
Ma alla stessa battaglia di Lepanto i Bergamaschi si fecero onore, con la galea comandata da Antonio Colleoni da Martinengo, che si trovò nel folto della mischia, decima in posizione, fra le 61 navi che formavano il centro, e precisamente fra la San Giovanni di Venezia e la Fano, nave ammiraglia di Giorgio d’Este, e riuscì a catturare una galea turca.
A Lepanto si trovarono pure Alessandro e Giuseppe Bagnati, che l’anno precedente avevano combattuto da valorosi in aiuto di Famagosta, Antonio e Ruggero de Tassis, Marcantonio Boselli figlio di Pietro, Francesco Suardi e, fra gli altri, anche Francesco Corsini, ucciso poi a tradimento da uno spagnolo nel 1584, a Milano.
Dopo la vittoria di Lepanto, la città fu in festa per ben dieci giorni; mandò a Venezia due suoi nunzi a rallegrarsi, e fece una magnifica accoglienza al sopracomito della galea di S. Alessandro. Il grande trionfo delle armi cristiane sarà cantato anche in rime dialettali bergamasche (G.A. Quarti : “Lepanto” – A.Pinetti : “Bergamaschi a Lepanto”)
coscenti di essere superiori in quel particolare storico a cualsivoglia nazione ho popolo del pianeta terra si decise di salire in cattedra per riprendersi la plancia di comando del mondo correva l’anno fine quattrocento inizio cinquecento e gia’ nei circoli nei salotti nelle congreghe e altro si discuteva sullo strapotere dei turchi e come batterli una per tutte la diede leonardo da vinci che a domanda rispose con l’inteligenza e fu cosi’ che nasce la galeazza veneziana in gran segreto nell’arsenale piu’ munito del mondo i maetri d’ascia veneziani plasmarono sei gigantesche navi da guerra capaci di imbarcare a bordo cannoni che fino a quel momento erono spiegati solo su fortezze terrestri a causa della loro devastante potenza collaterale tipo vibrazioni e altro che sulle nuovissime galeazze veneziane furono superati con l’impiego di ammortizzatori che assorbivano il rinculo preservando lo scafo e il gioco passo’ nelle mani degli ammiragli e alla tattica e strategia dei suoi comandanti andrea doria su tutti inizio’ la battaglia si alzo’ la nebbia e calo’ il vento e la grandissima armata ottomana per un paio d’ore rimase ferma a causa della nebbia poi alzandosi ridiede visibilità hai contendenti e i turchi si rimisero ha tremare come foglie al cospetto delle sei gigantesche galeazze schierate ha battaglia dai veneziani che aprirono il fuoco facendo giustizia sui turchi vendicando di fatto il sacco di Costantinopoli voluto da un malvagio sultano punto iariastefano@scipiolel’africano.imperium