Carlo Contarini
di Antonella Todesco
Carlo Contarini nacque a Venezia il 5 di luglio 1580. Apparteneva al grande ramo della famiglia che aveva dimora a San Felice, sul Canal Grande.
Quanto fosse cospicua la sostanza familiare si può riscontrare dalla redecima del 1582, risulta infatti ch’egli ereditó 1800 ducati di rendita e oltre al palazzo di Venezia ne aveva uno a Padova, in contrada Ognissanti, uno ad Este e uno a Vighizzolo.
Ebbe la disgrazia di perdere il padre prima di poterlo conoscere essendo questi mancato dieci giorni dopo la sua nascita.
Sposó Paolina Loredan, del ramo di Santa Maria Formosa, detto “schiavina”, ella gli portó in dote 26.000 ducati e gli dette quattro figli maschi e tre figlie.
Carlo era di statura di poco superiore alla media e di incedere maestoso. Aveva fisionomia grave, occhi vivissimi ed incuteva rispetto e simpatia. Di carattere bonario e tranquillo trattava tutti con gentilezza e non concepiva odio mostrandosi sempre molto splendido e benefico. Fu prudente nel scegliersi gli amici e diligente nel conservarli.
Nei primi anni, a servizio di ambasciatori veneti, si recó a complimentare l’Arciduca Ferdinando per le sue nozze a Graz e dimostró molto tatto dirimendo le divergenze intervenute tra l’ambasciatore veneto e l’elettore palatino.
Fu rettore di varie città, provveditore in Istria, consigliere ducale e provveditore di Zecca.
Trovó abilmente il modo di liberare l’Istria dai debiti coi proventi delle saline.
Poco ambizioso, lasció che il figlio Andrea, l’unico rimastogli, spendesse le forti rendite familiari in varie importanti ambascerie straordinarie contentandosi di restare un semplice senatore. Con tutto ciò , mentre a tutt’altro pensava vivendo ritirato nel Padovano, e contro i suoi desideri, riuscí eletto Doge il 27 marzo del 1655.
Nell’esercizio delle sue funzioni di Doge si dimostró sempre pronto e acuto di mente, dotato di molta esperienza, specie nei rapporti con l’estero. Si sacrificava tanto nei suoi doveri che spesso ritardava il pranzo per poterli compiere e a questo proposito soleva dire che ” i privati mangiano quando vogliono e i Principi quando possono”.
Durante il suo breve dogado, di appena tredici mesi, continuò la guerra di Candia, con vantaggio per i Veneziani che ottennero successi sulla flotta turca ai Dardanelli.
Morí il primo maggio 1656, in seguito ad una malattia di esaurimento, apparsa dapprima di poca importanza e poi rivelatasi mortale. Prima di morire parló al figlio ricordandogli la Patria assalita dai Turchi e proferendo queste parole:” Conservate l’amor fervente della Repubblica, il zelo acceso dell’equità ed il santo amor di Dio. E se chiudendo gli occhi non havró più in sorte di vedervi qui in terra, ci rivedremo su in cielo”.
In Palazzo Ducale il Contarini ha un solo ritratto, opera di Girolamo Forabosco e la sola osella che di lui resta ha un girasole col motto “Oculi mei semper ad Dominum”. Il girasole allude alla modestia del suo animo e il motto al suo profondo senso religioso.
Verona, dove fu podestà, gli innalzó una statua marmorea per ricordo di averla liberata dai banditi, altro simulacro marmoreo gli dedicó Feltre, dove fu pure podestà ma il busto, che si trovava alla villa delle Centenere, venne deturpato durante la prima guerra mondiale.
Lib tratto da: “I Dogi di Venezia” A. da Mosto