La tradizione dei pavimenti musivi
di Antonella Todesco
La tradizione dei pavimenti musivi era costante nelle lagune. Dagli scavi praticati due secoli fa nell’Abbazia di Sant’Ilario emersero tre pavimenti, l’ultimo dei quali (opus vermiculatum) del secolo IX, coevo alla chiesa. Il mosaico, conservato nel Museo Correr, mostra fettucce intrecciate e circolo annodato che racchiudono uccelli, animali e palme.
Secondo il Galliccioli, nel 1745 fu scoperto un altro pavimento, nella chiesa dei Santi Vito e Modesto, costruita nel 917.
Quattro pavimenti furono rinvenuti nella chiesa del Santo Salvatore di Murano, abbattuta nel 1834. A Torcello, sotto il pavimento attuale che risale al 1008, furono messe in luce tracce del pavimento della prima costruzione. Le cronache affermano che anche il pavimento della Cattedrale di Jesolo era a mosaico. Il pavimento di San Donato di Murano risale al 1140.
In San Marco furono scoperte tracce di “opus vermiculatum” alla profondità di 60 e 80 cm.
Assicura il Marangoni, che nel 1903, in occasione del ritrovamento d’un sarcofago situato al centro della chiesa, con il piano di posa a 1,80 mt sotto il piano attuale, furono rinvenuti i resti d’una breve zona pavimentata (ad opus incertum) a 30 e 40 cm sotto il sarcofago. All’epoca fu avanzato il dubbio che la scoperta appartenesse alla chiesa dei Partecipazi. Il pavimento odierno risale al XII secolo ed è considerato opera dei musivari romanici.