CORRUZIONE PUBBLICA. PENE INFAMANTI QUALE BUON RIMEDIO.
La saggezza del governo veneto. Un esempio da seguire se la classe politica fosse quella di Venezia di un tempo.
Si dibatte molto sulla moralità pubblica, o meglio sulla sua mancanza in questa che ormai molti definiscono “repubblica delle banane”, ove accade che il corrotto sia difeso fino all’ultimo dai colleghi parlamentari. Mi chiedo che progresso abbiano fatto i Veneti, in questo e in altri campi, passando sotto lo stato italiano. Avessimo la possibilità di poterci creare di nuovo le nostre leggi e di autogovernarci, qualche esempio da cui trarre inspirazione lo troveremmo facilmente, rileggendo le pagine della nostra storia. Riporto quanto scrive Edoardo Rubini nel suo libro “Giustizia veneta”. meditate, gente, meditate…anche prima di dire che “bisogna guardare avanti”.
Innumerevoli le leggi che prevedevano l’interdizione temporanea o definitiva dei pubblici uffici. Per punire una particolare figura di reato,
“l’intaco de cassa”, lo strumento dell’infamia era associato all’interdizione dai pubblici uffici, come si nota nella Parte cons. Dieci 31 agosto 1564: “non possino per tutto il tempo delle vite loro esser eletti ad alcun officio, Magistrato, ò Camerlengheria, nelle quali si maneggi il Denaro della Signoria Nostra, , per lo spacio delli tempi delle Condennation, che a quelli saranno date, siano dalli Avogadori Nostri di Commun pubblicati la Prima Domenica di Quaresima insieme con li altri nel Nostro Maggior Consiglio, alli quali Avogadori sia mandata Copia della presente Deliberation, acciocché l’abbino ad osservar”. Già la Parte del Sen. 1 luglio 1359 aveva individuato il momento cruciale dela pena nella seduta annuale del Maggior Consiglio destinata all’elezione dei dodici Rettori, compiuta la quale bisognava pronunciare le colpe degli amministratori disonesti. (e ciò, fa notare Rubini, perché servisse d’esempio ai governatori che entravano in carica NDR).
Nel 1517 il Procurator di San Marco tiene davanti al più alto consesso dello stato un infuocato discorso, ricordando che ogni uomo deve la propria vita a Dio, alla Patria, ai genitori, quindi siamo tutti obbligati a compiere qualsiasi sacrificio per la loro difesa. “Et la conservation de la Patria è conservar li denari pubblici, et quelli (che) li tolleno è, per leze e ordini di nostri progenitori, puniti a morir continuamente, e ogni anno esser stridati in questo Consejo”.
Marin spiega che la morte continua da infliggersi ai predatori delle Casse pubbliche consiste nel disonore sofferto ogni anno davanti al Maggior Consiglio, a somiglianza del dolore patito da Prometeo, il cui cuore di continuo ricresceva e di continuo veniva divorato….
Conclusione del discorso: le quattro cose che, secondo San Tommaso, conservano le repubbliche sono la concordia dei cittadini, l’obbedienza delle leggi, la giustizia e l’astinenza dal lusso. In tal modo i Greci durarono 450 anni, i Romani 700, la Serenissima ha già passato i mille…..
Caro Milo, sorprenderemmo tutto il nostro uditorio sostenendo che la Veneta Serenissima Repubblica – nell’orientare l’ordinamento giuridico ad una morale rigida in senso di elevazione spirituale e vigorosamente edificante – altro non faceva che ricalcare la Morale Cattolica di allora, la quale da una dottrina ricca sul piano filosofico e da un misticismo spesso contrapposto alla vacuità dei beni terreni, forgiava tipi umani di una tempra quasi sovraumana e di una saggezza versatile e multiforme, ad amplissimo spettro, a cominciare dal piano scientifico, per finire su quello politico. Discorso inattuale il nostro, che si scontra con un mondo depravato e corrotto dalle dottrine liberali e soprattutto privato della Vera Chiesa, dal momento che il Vaticano è divenuto postribolo di demagoghi ed esibizionisti. Basti pensare al Cardinale elemosiniere che si dà all’esproprio proletario (per tacer di tutto il resto che procura i crampi allo stomaco).
Grazie, carissimo. La società odierna sta morendo, materialmente e moralmente, avendo rinunciato alle antiche radici cristiane. Stiamo divorando il pianeta seguendo i dettami di un liberalismo sfrenato, dopo aver passato le “gioie” del “radioso avvenire” promesso dal comunismo, e quelle altrettanto micidiali dei fascismi. Dalla Idolatria dello stato, alla Idolatria della Merce.