di Moreno Menini
Il 25 Aprile esponiamo con orgoglio la nostra bandiera Veneta.
Un malinteso sentimento di integrazione verso persone di culture, religioni e usanze diverse provenienti da altri continenti o regioni d’Italia, si trasforma per alcuni in uno strumento di autocensura nei diversi contesti sociali in cui normalmente manifestiamo gli aspetti della nostra identità collettiva. Si parli dell’esposizione dei crocefissi in luoghi pubblici, dell’allestimento dei tradizionali presepi natalizi o addirittura della preparazione di piatti della nostra cultura enogastronomica, si sentono qua e là voci di funzionari o semplici cittadini che chiedono di rinunciare alle nostre usanze per “paura di offendere” coloro che provengono da altri contesti.
Una sorta di cupio dissolvi, di nichilistica rassegnazione di cui evidentemente è affetta una piccola minoranza della nostra gente che sta perdendo le ragioni stesse del vivere collettivo e comunitario senza ricevere nulla in cambio da quella società fluida impersonale, individualista, disperatamente disgregata, che in una parola chiamiamo “globalizzata”. Eppure la perdita di senso esiste solo per coloro che con ostinazione coltivano l’oblìo e la cancellazione della nostra memoria collettiva.
Ci sono simboli, date, ricorrenze che non passano e non passeranno. Una di queste è sicuramente il 25 Aprile, ricorrenza di San Marco patrono delle Genti Venete. E’ una ricorrenza religiosa che la Serenissima Repubblica ha reso anche e soprattutto civile rivendicandone simbologia e valenze nella sua stessa bandiera. Da secoli, in effetti, esprime il massimo momento di unità del Popolo Veneto.
In questa data riaffermiamo quindi il sentimento di continuità ideale che ci lega ai nostri avi ed ai nostri posteri. E riaffermiamo in pari tempo le idee cardine che la concezione politica Veneta ha espresso in più di un millennio di indipendenza e due secoli di insorgenze e rivolte e proteste per riconquistarla: l’idea che il bene comune debba prevalere sugli interessi particolari, l’idea che l’uomo di Stato debba essere al servizio della Nazione tanto offrire ad essa la vita se necessario, l’idea che lo scopo dell’esercizio del potere è la limitazione degli abusi e dei soprusi verso le classi deboli della società. Un’idea del mondo, questa, ben chiara nella testa di quei patrizi Veneziani che si facevano decapitare o spellare vivi a Cipro per non arrendersi alla più bassa barbarie ottomana; quelli che sotto le mura di Padova hanno umiliato gli avidi imperatori della Lega di Cambray resistendo al più gigantesco assedio che l’Europa avesse visto; o quei contadini vicentini che si facevano squartare dalle soldataglie napoleoniche piuttosto che ammainare la bandiera di San Marco. Crediamo che quei valori e quell’idea del mondo siano attuali oggi più che mai e sono simboleggiati dalla nostra bandiera, “carica di gloria vera” come recita l’inno ad essa dedicato composto da Giuseppe Segato.
Il 25 Aprile, invitiamo pertanto i Veneti ad esporre con orgoglio la bandiera Veneta dalla propria abitazione. E’ un segno di continuità di cui andare fieri.
La cultura del niente, la “paura di offendere” sono figlie di un oblìo forzato che non ha più ragion d’essere. E’ ora di voltare finalmente pagina.
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