GOVERNARE CON CARITA’, AMORE, PIETA’, COLLABORAZIONE TRA STATO VENETO E CHIESA
Millo Bozzolan
Lungi dall’essere quell’esempio di ‘laicità’ (inteso come separatezza assoluta tra tra stato e istituzioni ecclesiali) la Repubblica collaborava con la chiesa e ne controllava l’attività nelle sue opere di misericordia verso i poveri, facendone uno “instrumentum regni” che permetteva di assistere capillarmente le fasce più deboli della società. Altra cosa era l’intrusione nella sfera dogmatica (spirituale e temporale non dovevano confondersi), concetto respinto in maniera netta anche dal grande Paolo Sarpi: e così in Occidente si delineò il primo pilastro dello stato moderno, di cui Venezia fu certamente una antesignana in Europa.
Per soccorrere i poveri, bisognava incoraggiare prima di tutto le elemosine e i Provveditori alla Sanità, nel ‘500 emisero un provvedimento che aveva lo scopo di far una continua pressione morale sui cittadini, onde incoraggiarli nell’esercizio della carità pubblica. Diedero istruzioni assai dettagliate per le prediche dei giorni di domenica, mercoledì e giovedì di Quaresima o in altre festività, che invitassero i fedeli alla beneficienza verso gli indigenti.
Anche i confessori eran tenuti a ricordare i poveri ai loro penitenti, e poco dopo, il Maggior Consiglio fece ricorso ad un espediente di provata efficacia, Si diede obbligo ai notai che stendevano i testamenti di ricordare i poveri. I delegati alle parrocchie, erano poi incaricati di controllare che le somme destinatea tali scopi dai testatari finissero effettivamente nelle mani di chi era veramente indigente. Controlli stringenti erano anche esercitati su ospedali, monasteri opere caritatevoli in genere, perché i lasciti non finissero nelle tasche indegne di qualche furbastro… come oggi succede molto spesso, putroppo. E la Carità diventa un affare per cooperanti bianchi e rossi… avremmo solo da imparare dalla nostra storia, se solo si degnassero di insegnarlo ai Veneti d’oggi.