I cannoni veneziani, opere d’arte oltre che armi fabbricate dagli Alberghetti e dai Di Conti
I cannoni della Serenissima. Catalogazione, studio e pubblicazione delle artiglierie di produzione veneziana conservate nel Mediterraneo Orientale e non solo.
Il dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, grazie ad un finanziamento della Regione Veneto – Relazioni Internazionali, ha avviato nel 2011 un progetto triennale di catalogazione, studio e pubblicazione della artiglierie veneziane del Mediterraneo Orientale dal titolo “I cannoni della Serenissima”, confluito nella pubblicazione di un elegante volume che racchiude, nella sua copertina rigida, la catalogazione, con schede, fotografie e disegni di 184 pezzi di artiglieria conservati nel Mediterraneo Orientale (I cannoni di Venezia. Artiglierie della Serenissima da fortezze e relitti, di Carlo Beltrame e Marco Morin, All’Insegna del Giglio, Firenze, 2014, pp. 440, € 40,00). Il patrimonio di artiglierie della Serenissima è infatti sparso in Grecia, Turchia e in poche località croate mentre a Venezia e nel resto d’Italia si conservano solo pochissimi pezzi provenienti perlopiù da ritrovamenti subacquei. Il progetto è diretto da Carlo Beltrame e Sauro Gelichi e gode della consulenza dei pochi esperti di artiglierie antiche del nostro paese, Marco Morin e Gianni Ridella.Per il primo anno di studio, le ricerche sono iniziate in Grecia e hanno richiesto sopralluoghi in fortezze veneziane e musei di tutto il Peloponneso, di Atene, di Creta e di numerose isole. E’ stato quindi possibile documentare quasi un centinaio di pezzi sia in ferro sia in bronzo databili al XVI e XVIII secolo. Particolarmente interessante è il poco noto patrimonio di pezzi in ferro conservato in Grecia che testimonia la produzione di artiglierie fuse in questo metallo in Val Trompia dalla famiglia Bailo e nel bergamasco dalla famiglia Camozzi per gli eserciti e la flotta delle Dominante. Alcuni pezzi in bronzo, quale la ricca collezione di cannoni e mortai prodotti dalle famiglie di fonditori veneziani Alberghetti, di Conti e Mazzarioli, conservata a Nauplia, sono vere opere d’arte per la ricchezza della loro decorazione. Un pezzo individuato al museo di Candia testimonia la presenza di una galea veneziana al largo delle coste cretesi. I mortai in ferro prodotti in Inghilterra da Thomas Westerne per Venezia, conservati a Chios e a Corfù, sono i gemelli di quel mortaio che causò la drammatica esplosione all’interno del Partenone. I pezzi di Corfù sono stati di recente esposti in bella mostra nella Fortezza Vecchia grazie alla ricostruzione dei loro affusti da parte di un triestino, Giovanni Leone, e sono oggi un’attrattiva di grande impatto per i turisti.
Per il primo anno di studio, le ricerche sono iniziate in Grecia e hanno richiesto sopralluoghi in fortezze veneziane e musei di tutto il Peloponneso, di Atene, di Creta e di numerose isole. E’ stato quindi possibile documentare quasi un centinaio di pezzi sia in ferro sia in bronzo databili al XVI e XVIII secolo. Particolarmente interessante è il poco noto patrimonio di pezzi in ferro conservato in Grecia che testimonia la produzione di artiglierie fuse in questo metallo in Val Trompia dalla famiglia Bailo e nel bergamasco dalla famiglia Camozzi per gli eserciti e la flotta delle Dominante. Alcuni pezzi in bronzo, quale la ricca collezione di cannoni e mortai prodotti dalle famiglie di fonditori veneziani Alberghetti, di Conti e Mazzarioli, conservata a Nauplia, sono vere opere d’arte per la ricchezza della loro decorazione. Un pezzo individuato al museo di Candia testimonia la presenza di una galea veneziana al largo delle coste cretesi. I mortai in ferro prodotti in Inghilterra da Thomas Westerne per Venezia, conservati a Chios e a Corfù, sono i gemelli di quel mortaio che causò la drammatica esplosione all’interno del Partenone. I pezzi di Corfù sono stati di recente esposti in bella mostra nella Fortezza Vecchia grazie alla ricostruzione dei loro affusti da parte di un triestino, Giovanni Leone, e sono oggi un’attrattiva di grande impatto per i turisti.
Le famiglie di fonditori veneziane che operavano all’interno dell’Arsenale (i forni erano localizzati alla Tana nell’edificio che oggi ospita il teatro della Biennale) erano due: i Di Conti e gli Alberghetti. Ai di Conti, nella seconda metà del Seicento, sono succeduti i Mazzaroli. Il progetto di ricerca ha permesso di documentare pezzi appartenenti a quasi tutti i membri delle tre famiglie di fonditori noti dalle fonti archivistiche studiate da Marco Morin e Victoria Avery. Si tratta di 68 pezzi firmati almeno con una A dagli Alberghetti e di 42 pezzi firmati da di Conti. Dei Mazzaroli sono stati reperiti invece solo 7 pezzi mentre i cannoni in ferro di Carlo Camozzi sono 14. Nulla si sia della produzione in ferro, documentata solo da fonti di archivio, di Tiburzio Bailo.
I membri della famiglia Alberghetti a cui sono state attribuite le bocche da fuoco sono ben 18 mentre 9 sono i di Conti tra cui almeno uno del tutto sconosciuto. Due sono i Mazzaroli. Il più produttivo fonditore sembra essere stato Marco Primo di Conti attivo almeno dal 1527 al 1567. Le seconda metà del cinquecento è stato comunque il periodo di maggiore produzione di pezzi. All’epoca le due famiglie facevano a gara a chi produceva i pezzi migliori per la Repubblica.
Lo studio delle artiglierie antiche presenta varie sfaccettature. Al di là dell’aspetto della tutela di un patrimonio storico-archeologico (alcuni pezzi provengono dal mare o da relitti) – artistico che va certamente salvaguardato, lo studio di questi manufatti permette di conoscere meglio la storia militare, la storia della produzione metallurgica e la storia economica della Serenissima. L’analisi degli stemmi gentilizi dei committenti o dei provveditori inoltre ci permette di riconoscere personaggi storici più o meno famosi che hanno avuto un legame con la produzione di armi fabbricate per la protezione dell’impero marittimo veneziano o che si sono fatti fondere armi per la difesa delle proprie imbarcazioni da carico.