DAL MONDO DEI MORTI A QUELLO DEI VIVI: GLI ANTICHI VENETI.
Di Loredana Capuis, docente dell’Università di Padova.
Più che dagli abitati le informazioni maggiori sulla società e cultura dei Veneti ci provengono dallo studio delle necropoli, cioè dalle città dei morti. Ciò non solo perché, secondo un codice comune a tutto il mondo antico, ai morti si offriva il meglio di quanto la comunità fosse in grado di produrre o di procacciarsi, ma anche perché le necropoli, sempre ubicate all’esterno dell’abitato, sono state maggiormente risparmiate dai successivi interventi urbanistici e quindi si sono meglio conservate.
I materiali che accompagnavano il defunto nell’aldilà consentono non solo di ricostruire lo sviluppo della civiltà ma anche di delineare la struttura della società in quanto il corredo era in diretto rapporto con la posizione ed il ruolo svolto dal defunto quando era in vita.
I Veneti praticavano il rito della cremazione: il corpo del defunto, più o meno riccamente abbigliato, veniva bruciato su roghi che dovevano ardere per molte ore ed essere spenti con complesse cerimonie, un’eco delle quali resta nei poemi omerici. Le ossa, accuratamente separate dai carboni e lavate, ed i resti degli ornamenti del morto venivano quindi raccolti in un vaso ossuario.
A ciò si aggiungevano oggetti personali di ornamento/abbigliamento propri del defunto o offerti dai congiunti, utensili da lavoro, materiali connessi all’attività svolta dal defunto nell’ambito della comunità, nonché un servizio di vasi, coppe, bicchieri legati al banchetto, sia quello effettivamente svolto dai vivi durante la cerimonia funebre, sia a servizio del morto nell’aldilà, accompagnato da porzioni di cibo.
La qualità e la quantità dei materiali di corredo sono proporzionali al rango/ruolo rivestito dal personaggio quando era in vita. Le tombe più antiche presentano corredi molto semplici ed omogenei, con vasellame analogo a quello che si trova negli abitati, sintomo di una società che è, o vuole rappresentarsi, a base egualitaria. Ma già a partire dalla metà dell’VIII secolo si sviluppa una produzione specialistica ad uso funerario, con vasi molto più raffinati; tombe ricche e tombe povere testimoniano inoltre l’articolarsi della società in diversi livelli sociali.
Molto frequenti diventano anche le tombe di coppia, contenenti cioè i resti di due defunti, marito e moglie, sintomo di una graduale integrazione della donna nel corpo sociale. Le tombe maschili, sempre molto sobrie, contengono in genere pochi oggetti di abbigliamento a materiali status symbols: rasoi, coltellacci da caccia, asce, armi defunzionalizzate, morsi ed elementi di bardatura equina. Più esuberanti sono le tombe femminili, secondo un codice-tipo comune a tutto il mondo antico, essendo compito della donna palesare il rango della famiglia: numerose fibule, bracciali, collane, cinturoni da parata.
Fusaiole e rocchetti alludono all’attività artigianale femminile di filatura/tessitura che può anche diventare elitario status symbol con particolare allusione al telaio (Penelope). Sempre più complessi diventano i servizi correlati al numero ed allo status dei defunti. A partire dal V secolo nei servizi diventa costante l’allusione al consumo del vino, secondo la moda aristocratica greca ed etrusca (materiali e gancio di Carceri); a questo si aggiunge tutta una simbologia allusiva al banchetto con arrostimento delle carni (alari, spiedi, coltelli ecc., di ferro se funzionali o modellini in lamina di bronzo).
In una splendida tomba di Este, anche se di epoca tarda, è addirittura commovente vedere come la disposizione degli oggetti, reali o miniaturistici, tenda a ricomporre l’idea della casa, le ceneri della defunta sono state collocate nell’ossuario-vestito attorno al quale a stato ricreato l’angolo-cucina e l’angolo-lavoro al telaio.