I CAVALIERI DI SAN MARCO, QUELLI VERI.
I CAVALIERI DI SAN MARCO. le origini dell’antica onorificenza militare. l’unica rilasciata dalla nostra Repubblica, assai avara nella concessione di onori, dato che quando un personaggio anche eminente moriva in difesa dello stato l’idea era che “el gaveva fato el dover suo”. Trascrivo qui quanto ha riportato Dan Morel in una sua ricerca unendolo a quanto ho invece trovato personalmente:
“Si dispensino ancora quelle grazie, e beneficio del soldo, agli individui e famiglie del popolo; alle persone di estrazione più civile si promettano in premio cariche, privilegi, titoli d’onor. Si istituisca qualche ordine di cavalleria, si prometta reggimenti e altri avanzamenti onorevoli” così il Magistrato alla Milizia, conforme ai decreti del Senato del 1539 e del 1595 premiava gli atti al valor militare.
Per quanto si sia cercato negli archivi non vi è traccia della data di nascita dell’onorificenza, che pare antica. Vi è tuttavia un documento della concessione di tale onore. Una descrizione dei documenti tratti dal Museo Correr, in uno dei quali riguardanti la relazione di un combattimento, si legge quanto segue:
Il 17 Aprile il capitano Marco Jvanovich con la sua tartana Santissimo Crocefisso e Madonna del Rosario, navigava verso il Regno di Morea. Giunto nelle acque di Patrasso si imbatté in un legno barbaresco che, avendo invano inseguito i due grosso battelli, coperti di bandiera veneta dirigeva a vele spiegate la prora verso la sua tartana. Tenta l’Jvanovich di proseguire celermente la rotta, ma visto inutile ogni sforzo contro la velocità della nave nemica, s’apparecchiava coraggiosamente all’assalto ed innalza l’insegna gloriosa di San Marco, mentre per il legno avversario veniva issata la bandiera di Tripoli.
La disparità delle forze apparve subito evidente.
La nave tripolitana molto più grande avea un equipaggiamento di 200 marinai e 16 cannoni. Che doveva fare il Capitano veneto con i suoi 19 uomini e con solo 8 pezzi di artiglieria? Lo scontro tuttavia era inevitabile e l’Jvanovich risoluto a morire piuttosto che cadere preda nemica, si disponeva a far pagar cara la corsaro la audace impresa.
Un colpo di cannone a salve, quasi gli intima la resa ed egli risponde con una nutrita scarica di artiglieria che fa impegnare vivace e accanita la pugna. Si combatte per ore ed ore continuamente, la tartana veneta respinge per tre volte l’assalto nemico, finché calata la notte, il corsaro, danneggiato nell’equipaggio e nella nave, abbandona l’impresa.
Nella chiesa dei Ss. Giorgio e Trifone degli Schiavoni, a Venezia, esiste un quadro rappresentante l’azione navale che valse a Marco Jvanovich il Cavalierato di San Marco, nel centro al basso del quadro, vi è un medaglione con il ritratto dell’Jvanovich stesso, che con la mano mostra sollevandola, la croce di Cavaliere che gli pende dal lato del petto. E’ quello nella foto sopra.
Al Civico Museo Correr di Venezia si trovano due Croci di “Cavaliere di San Marco” e una collana d’oro con medaglia pure della Repubblica veneta.
Ad una di esse è inoltre unita la relativa fettuccia di sostegno di stoffa, mentre l’altra ha pezzi di catenella veneziana “Manin” riunita all’ estremità da fermagli lavorati a fregi.
Il Serenissimo Doge Alvise Mocenigo conferì nel 1769 il titolo equestre in perpetuo ai Canonici della Cattedrale di Treviso del quale ancor oggi si fregiano.
fonte: www.cavalieridisanmarco.it/storia
All’inizio furono solo di due forge, d’oro e d’argento, ed erano da considerarsi come “pubblico e onorifico contrassegno per le azioni di segnalato valore”. La decorazione poteva esser concessa esclusivamente ai “Bassi uffiziali e soldati” in conformità ai decreti del Senato “li premi in denaro dovranno essere riservati par gente misera e bisognosa”. All’assegnatario comportava un soprassoldo annuo pari a un mese di paga, se medaglia d’oro e mezza mesata, se medaglia d’argento. Il conferimento della decorazione doveva avvenire con una cerimonia pubblica ed alla presenza dei reparti in armi..
Verissimo quanto scrive Milo che quando un personaggio anche eminente moriva in difesa dello stato l’idea era che “el gaveva fato el dover suo”. Con questo atteggiamento, né ieri né oggi, ci si è preoccupati della canonizzazione del N.H. Marcantono Bragadin, che morì da martire cattolico !