la rotta di Caporetto e la conseguente devastazione di Veneto e Friuli
E’ di oggi la notizia che i 12 miliardi di debito di Roma disastrata, corrotta e incapace di amministrarsi, saranno assorbiti dallo stato, cioè da chi lo finanzia, ovvero il Lombardo Veneto e pochi altri “fortunati”. E’ uno stato di cose che continua da sempre, basta leggere quanto scrisse Bruno Pederoda a proposito del Veneto degli anni Venti del Novecento. Fino a quando continueremo in questa maniera?
Il falso mito della Grande Guerra – Il Veneto in mano a corrotti ed incapaci, per di più “foresti” – la fucina di nuove idee federaliste che viene soffocata – il Fascismo, la pietra tombale del cambiamento, che forse avrebbe rivoluzionato l’Italia-
Riporto il brano introduttivo, il Veneto travolto dalla Grande Guerra, cade preda di profittatori, burocrazia impazzita, gaglioffi e trafficoni piovuti in queste terre sconquassate per portare avanti i loro traffici loschi “
sulle macerie e miserie di una regione sacrificata“.
L’attenta analisi di Bruno Pederoda ripercorre il periodo storico in terra veneta tra la disfatta di Caporetto e l’ascesa del Fascismo. Pederoda innanzitutto, sfata il Mito della Grande Guerra, così come è stata rappresentata e scritta dal potere Fascista prima e successivamente non mutato da quello Repubblicano; se ormai sembra storicamente assodato che a morire al fronte furono quasi esclusivamente i poveracci del Sud Italia e del Veneto, che gli alti gradi militari erano generalmente degli incapaci, Pederoda ricorda con altrettanto vigore che la maggioranza degli abitanti d’Italia non aveva una concezione di Nazione del loro Paese, né le cosiddette ‘terre irredente’ desideravano essere annesse alla penisola.
Terminata la guerra, il potere centrale “un connubio ideale tra burocrazia borbonica (qui la Redazione si permette di dissentire, la burocrazia era piemontese, ben peggiore della borbonica) e potere sabaudo, negherà la ricostruzione della terra veneta- da Verona ad Udine, troppo timoroso delle idee innovative e federaliste di una Regione turbolenta; e per controllare meglio il suo territorio manderà Prefetti, Commissari, burocrati, funzionari ed insegnanti spostandoli dal Sud.
A nulla sono serviti i sacrifici e la fame, la miseria dei profughi, il fervore e gli ideali delle Leghe bianche di matrice cattolica, rosse (socialiste) e verdi (repubblicane), le richieste di riscatto dei contadini, il primo movimento dei Sindaci, la forza carismatica di leader quali Corazzin e Cappellotto. La fine delle libertà democratiche, imposta del regime fascista, pose termine a questo straordinario periodo storico. La verità storica andava negata (oggi come allora).
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