IL MONUMENTO AI TETRARCHI DI PIAZZA SAN MARCO
Quante volte ci abbiamo buttato l’occhio… incuriositi da un monumento che sfida i millenni, magari senza riuscire a leggerne il significato. Si ricollega al tardo impero romano,questo forse lo saprete, epoca in cui il suo territorio fu diviso in quattro parti affidato a quattro reggenti. E lo stile volutamente impersonale già preannuncia l’arte del primo medio Evo bizantino. Ecco cosa ho trovato per voi.
Il monumento ai Tetrarchi è un doppio gruppo statuario in porfido collocato all’esterno sul cantone del tesoro di San Marco in piazza San Marco a Venezia. È alto 1 metro e 30 cm.
Il gruppo, attribuito alla statuaria della fine del III secolo o dell’inizio del IV, faceva parte di due colonne onorarie in porfido (materiale particolarmente duro e difficile da lavorare che proveniva dall’Egitto – provincia imperiale – e che dall’età claudia, le ceneri di Nerone furono raccolte in un’arca di porfido rosso,] iniziò a venire associato con la dignità imperiale) e si trovava a Costantinopoli, assieme ad un più vasto gruppo statuario, nella piazza monumentale nota come Philadelphion. Venne quindi saccheggiato nel 1204 durante la spedizione, “deviata” dai Veneziani, della Quarta crociata. I veneziani avevano rimesso sul trono il legittimo imperatore, dopo averne accolto la sua richiesta d’aiuto, ma questi non era in grado di pagare quanto pattuito: da questo fatto derivò il terribile saccheggio di Costantinopoli.
A conferma della provenienza bizantina delle statue a metà del XX secolo è stato ritrovato il frammento col piede mancante della statua di sinistra sul lato est, che oggi si trova nel Museo archeologico di Istanbul.
Sono popolarmente chiamati dai veneziani I quattro ladroni, poiché una leggenda vuole che siano quattro uomini fulminati e pietrificati mentre tentavano il furto sacrilego del tesoro di San Marco custodito all’interno della Basilica.
L’identificazione del doppio gruppo statuario con i primi quattro tetrarchi (dal greco tetra, ovvero quattro) è tradizionale e generalmente accettata, nonostante qualche interpretazione che vi legge temi simbolici come l’abbraccio tra la pars Orientis e Occidentis. Tradizionalmente viene messo in relazione con la prima tetrarchia, tra il 293 e il 303.
Analogamente a rappresentazioni simili in Vaticano, le statue dovevano trovarsi in cima a colonne, poggianti sulla mensola, ad un’altezza che è stata calcolata sugli otto metri. Le figure ad altorilievo si abbracciano a due a due, simboleggiando così la fraternitas tra i Cesari e gli Augusti, che doveva garantire la successione nell’Impero dopo i tumultuosi scontri alla morte degli imperatori durante l’ultimo secolo.

il resto del gruppo oggi al museo di Istanbul
Le quattro figure di imperatore hanno lo stesso abito, in un atteggiamento rigido e impassibile che ricorda le divinità orientali, come la triade palmirena di Baalshamin. Sono caratterizzate dal copricapo pannonico, dal paludamentum e dalla corazza (lòrica) coi baltei gemmati; le corazze erano anticamente abbellite da foglie d’oro; gli imperatori impugnano saldamente una spada riccamente adorna, la cui elsa è a forma di testa d’aquila, secondo un modello probabilmente di origine sasanide. Nelle due coppie l’imperatore che poggia la mano destra sulla spalla sinistra dell’altro è barbato, a voler probabilmente segnalare l’età più anziana dell’Augusto rispetto ai Cesari. Le teste sono simili, con gli occhi che ospitavano paste vitree; esse presentano comunque alcuni tratti di individuazione fisiognomica, ma nonostante ciò non è possibile identificare con certezza quale figura appartenga all’uno o all’altro tetrarca per la scarsità di confronti e l’astrattezza della rappresentazione.
STILE
L’opera viene attribuita a maestranze egiziane, anche per la loro specializzazione nel trattare la durissima pietra del porfido. Il gruppo è considerato, oltre che il simbolo della tetrarchia stessa, un capolavoro della scultura tardoantica, dove sono evidenti le caratteristiche di essenzialità, simbolismo e pittoricismo di quest’epoca di “rottura” nella tradizione artistica, priva ormai quasi del tutto di richiami allo stile ellenistico.
Nonostante la stilizzazione sia ben avanzata, le forme non arrivano a essere troppo essenziali, spoglie, e mantengono un ricco volume. La loro fissità, l’assenza di dettagli immediati e veristici rendono l’insieme particolarmente adatto a simboleggiare l’eternità e la solidità del nuovo assetto imperiale che la tetrarchia si proponeva.
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