IL CORANO, e’ giunta l’ora di revisionare “il manoscritto di Allah”- quattordici secoli di illusione.
di Don Floriano Pellegrini
Nel 1972, durante il restauro della grande moschea di Sana’a nello Yemen, alcuni operai che lavoravano in un’intercapedine tra la volta interna e la copertura esterna dell’edificio s’imbatterono, sebbene non se ne fossero resi conto in quel momento, in un eccezionale cimitero.
Intenti a completare il lavoro ad essi affidato, gli operai raccolsero i manoscritti, li ammassarono in una ventina di sacchi da patate e li misero da parte nel giro-scale di uno dei minareti della moschea, dove vennero riposti sotto chiave e dove sarebbero stati probabilmente ancora una volta dimenticati se non fosse stato per il Qadhi Isma’il al Akwa, allora responsabile della Sovrintendenza alle opere d’arte yemenita, che si rese conto della potenziale importanza della scoperta.
Poco dopo l’inizio del progetto risultò chiaro che l’ammasso di frammenti era un esempio straordinario di ciò che viene talvolta indicato come cimitero di carta, in questo caso il luogo di riposo, fra le altre cose, di decine di migliaia di frammenti di quasi un migliaio di differenti codici su pergamena del Corano, la Sacra Scrittura mussulmana.
Alcune delle pergamene rinvenute nel deposito yemenita sono sembrate databili al settimo e ottavo secolo d.C. ossia ai primi due secoli dell’Islam, rappresentando in altri termini frammenti delle edizioni forse più antiche fra quelle esistenti del Corano. Inoltre alcuni di questi frammenti rivelarono piccole ma curiose differenze rispetto al testo coranico normale. Tali scostamenti, sebbene non sorprendenti per gli specialisti di storia dei testi, contrastano in modo inquietante con la credenza dei mussulmani ortodossi che il Corano, come è giunto a noi oggi, sia semplicemente la perfetta, eterna ed inalterata Parola di Dio.
Il secolare sforzo di reinterpretare il Corano, in parte basato su prove testuali, quali quelle fornite dai frammenti yemeniti, è fastidioso e offensivo per molti mussulmani, così come i tentativi di reinterpretare la Bibbia o i fatti della vita di Gesù sono urtanti ed offensivi per molti Cristiani tradizionalisti.
Cionondimeno ci sono studiosi, e fra loro pure dei mussulmani, che ritengono un tale sforzo, consistente essenzialmente nel collocare il Corano nella storia, in grado di fornire impulso a un qualche revival islamico, una riappropriazione della tradizione, un procedere guardando al passato.
Finora confinato nell’ambito accademico, questo tipo di approccio può essere tuttavia estremamente efficace e, come dimostra la storia del Rinascimento e della Riforma, può condurre a notevoli cambiamenti nella società. Dopo tutto il Corano è a tutt’oggi il testo ideologicamente più influente a livello mondiale.
Le edizioni del Corano rinvenute nello Yemen sembravano suggerire, così cominciò a pensare Puin,(esperto tedescoincaricato con altri, di studiare i frammenti) un testo in evoluzione piuttosto che semplicemente la parola di Dio, rivelata nella sua interezza al profeta Maometto nel VII secolo d.C.
Un gran numero di mussulmani è convinto che tutto ciò che è contenuto nel Corano sia unicamente Parola di Dio fedelmente trascritta. Essi citano volentieri le indagini sulla Bibbia che indicano come essa abbia una storia e non sia pervenuta direttamente dal cielo, mentre finora il Corano al riguardo è rimasto fuori discussione. Il solo modo per infrangere questa convinzione è quello di dimostrare che anche il Corano possiede una storia. I frammenti di Sana’a ci aiuteranno a farlo. Puin non è quindi isolato nel suo entusiasmo.
Storicizzare il Corano sarebbe in effetti come delegittimare l’intera esperienza storica della comunità islamica, dice R. Stephen Humphreys, Professore di Studi Islamici all’Università della California di Santa Barbara. Il Corano è la costituzione della Comunità, il documento che ne ha determinato la nascita. E idealmente – sebbene ovviamente non sempre in realtà – la storia dell’Islam è stata lo sforzo di mettere in pratica e dare compimento ai comandamenti del Corano nella vita dell’uomo.
Se il Corano è un documento storico, allora l’intero e appassionato impegno di quattordici secoli è totalmente senza senso.
“Se Cristo è la Parola di Dio fatta carne, il Corano è la Parola di Dio fatta testo”, e mettere in questione la sua santità ed autorità viene quindi considerato un attacco diretto all’Islam – come Salman Rushdie sa anche troppo bene. La prospettiva di una violenta reazione mussulmana non ha tuttavia scoraggiato lo studio storicocritico del Corano, come dimostrano i saggi raccolti nell’opera The Origin of the Koran (1998).
Nell’opera Meccan Trade and Rise of Islam (1987) Patricia Crone ha condotto un’analisi dettagliata che mette in crisi la concezione prevalente fra gli studiosi occidentali (inclusi alcuni mussulmani) secondo la quale l’Islam si sarebbe sviluppato in relazione al commercio arabo delle spezie. L’opinione attuale di Gerd-R. Puin riguardo alla storia del Corano condivide questo revisionismo corrente. “La mia idea è che il Corano è una sorta di cocktail di testi non tutti compresi neppure al tempo di Maometto” dice. “Molti di essi possono perfino risalire ad un secolo prima dell’Islam. Anche all’interno della tradizione islamica c’è una quantità enorme di informazione contraddittoria, che include un significativo substrato di origine cristiana. Volendo, si potrebbe ricavare da tutto ciò una controstoria islamica completa ”