IL DEBITO DELL’ITALIA VERSO IL VENETO. DI MAIO COME DE NAVA E NITTI?
Una regione devastata dalla Grande Guerra, ma Nitti, capo del governo di origini calabresi, è ostile ai veneti che a suo dire, assorbono troppe risorse per la ricostruzione. In realtà le risorse impiegate qua da noi eran pochissime in proporzione al disastro immane: dal mare ai monti (del Friuli e del Veneto attuale) un paesaggio devastato di case distrutte, terreni agricoli da bonificare, profughi che eran tornati e dovevano dormire al chiaro di luna privi di un tetto. Una devastazione immensa, che spinse altre decine di migliaia di conterranei a scegliere la via dell’esilio attraverso l’emigrazione.
Ne troviamo traccia negli articoli del quotidiano veneto “Il Risorgimento” che ripropose negli anni ’20, l’accorato appello dell’onorevole Cappellotto, un grande trevigiano:
“A Roma non si ha mai la visione esatta del problema veneto né dopo Caporetto, né dopo l’armistizio.
Si è creduto di poter assimilare le sventure dei Veneti a quelle del terremoto di Calabria e Sicilia. Ma ilproblema materialmente era infinitamente più grande di quello provocato dal terremoto, moralmente diverso in modo assoluto.
Il governo a non parlare di quello di Nitti, nemico personale dei Veneti e di esecrata memoria per tutti gli italiani, non ha saputo inquadrare il problema delle Terre Liberate nella cornice giusta.
Lo ha sminuito e frantumato servendosi di espedienti e mezze misure, sprecando milioni senza accontentare nessuno. Di fronte ai Veneti divisi per le loro stupide beghe di classe e di partito, comprese che gli era lecito di fare meno del suo dovere, né sono valsea smuoverlo le grida scomposte e demagogiche di cui era facile prevedere la vanità.
Siamo arrivati al punto che quella che era una questione nazionale fu immeschinita in una questione campanilistica, onde ora il calabrese ministro del tesoro, onorevole De Nava, non nasconde la sua ostilità” (Il Risorgimento 16 ottobre 1921).
Ecco quindi scaturire dalla storia una lezione attualissima, per i Veneti moderni: bisogna esser uniti, come lo fummo in occasione del referendum sulla richiesta di Autonomia Amministrativa, altrimenti a Roma faranno finta oggi come allora, di non accorgersi di noi. Il problema ora c’è, in ribalta, ma non vorremmo che un altro meridionale, l’on. Di Maio, facesse orecchio da mercante come i suoi conterranei di allora, gli on. Nitti e De Nava. Basta! Noi Veneti siamo stanchi.
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