IL “RICORDO DI GUERRA” DEL GUERRIERO VENETO.
di Millo Bozzolan
Conservare l’arma del nemico come cimelio, a ricordo e testimonianza del proprio valore in battaglia è un uso antichissimo, che si perpetuò da noi fino alle due guerre mondiali. E Veneti antichi non erano molto diversi, lo prova questo raro reperto etrusco, rinvenuto nella tomba ad incinerazione di un guerriero veneto, scoperta a Gazzo Veronese. Ecco come lo studioso Luigi Malnati descrive la scoperta:
“La bipenne non è un’arma nota nel mondo veneto: per gli Etruschi invece aveva un grande valore simbolico ed era l’insegna di grandi magistrati di rango elevato, come tale è stata rinvenuta in una tomba di prestigio, come quella del “littore” di Vetulonia...Quale può essere il significato del rinvenimento di un oggetto di tale prestigio ideologico nella tomba veneta, tra l’altro di livello non eccezionale? La spiegazione più plausibile è che si tratti di una preda bellica, parte di un bottino di guerra deposto come offerta votiva al defunto. Strabone, del resto, narra come Etruschi ed umbri, nella loro espansione nella valle padana, dovettero affrontare in battaglie frequenti “altri popoli che abitavano intorno al Po”, probabilmente i Veneti che sbarravano il passo alla via verso il lago di Garda e la valle dell’Adige”.