LA BATTAGLIA DI LEPANTO E L’EX VOTO NEL DUOMO DI MONTAGNANA
Chi visita Montagnana, non deve perdersi, specie se vi si reca a ottobre, la visione del grande dipinto conservato nel Duomo, che riproduce in maniera molto fedele lo svolgersi della famosa battaglia.
Il pittore è anonimo, anche se vi sono indizi, o meglio, sospetti, sul nome, ed è comunque certo che fu dipinto poco dopo i fatti da persona che si fece raccontare in dettaglio tutto, anche la particolare forma delle imbarcazioni. riporto quì di seguito al descrizione trovata in internet, ma voglio aggiungere che ci farebbe bene ripercorrere quelle vicende, di tanto in tanto.
Si scopre una coralità incredibile, attorno alla fede cristiana e attorno allo stato veneto: Montagnana si autotassò e oltre alle vite dei propri figli che si arruolarono volontariamente per la salvezza della cristianità e per quella dello stato veneto, offrì grandissime quantità di lino e canapa, prodotti del luogo, per fabbricare corde e tele.
Vedete, ogni tanto salta fuori qualche “bella anima” di storico tricolorista, il quale non manca di sottolineae l’incosistenza dello stato marchesco, un conglomerato di città riottose, sotto il tallone della “Dominante”. nulla di più falso. Dalla guerra di Cambray, a Lepanto. alle rivolte dei “marcolini” nel 1797, al discorso di Perasto, è tutto un continua affettuosa testimonianza di affetto filiale alla Patria Veneta e al suo Principe, il doge dei veneti da parte della popolazione intera.
ecco quanto scrive Zereich Princivalle:
“Il quadro che riproduce la Battaglia di Lepanto (m. 4,50 x 4,50), ad olio su tela, appeso alla parete sinistra nella prima campata – già sopra la porta laterale rivolta a mezzogiorno – a prescindere dal suo valore artistico, fu giudicato assai interessante da Guido Antonio Quarti, ben noto scrittore di storia navale, che lo pubblicò per primo, credo, quale opera di ignoto autore in uno dei suoi volumi.
Egli, scrivendo al Giacomelli, rilevava che il pittore doveva avere una notevole conoscenza storica della battaglia, che è riprodotta, come realmente avvenne, con le galee in combattimento a gruppi.
“In primo piano è la flotta di Venezia al comando di Sebastiano Venier; più sopra quella di Spagna sotto Don Giovanni d’Austria. Un gruppo centrale riproduce il ricupero della capitana di Malta. E’ ben distinta a destra la fuga di Portaù pascià (barchetta che si salva attraverso le galee).
Sopra, a sinistra, la squadra di soccorso del march. di Santa Croce. Poi il particolare di Occhialì (Uluzzalì) che fugge dopo essersi affrontato con Giovanni Andrea Doria, riparadosi con poche galee alla Prevesa. In alto, a destra, è Lepanto con i due Castelli alla bocca del golfo; a sinistra, su nuvola, la Madonna del Rosario con Santa Giustina.
Il pittore doveva avere perfetta conoscenza dei fatti, perchè è anche da notare che tutte le galee cristiane hanno le vele ammainate; il mare è abbonacciato in favore delle armi crocesegnate; sono esatte le varie bandiere con i colori di raggruppamento e con gli stemmi particolari. Interessanti per l’archeologia navale sono le strutture delle galee, con la dimostrazione, non chiara altrove, dei banchi da rematori sporgenti dai fianchi delle stesse.
Il nostro quadro sembrerebbe appartenere ad un pittore, formatosi appunto in tale ambiente; e verrebbe da pensare ad Antonio Vassilacchi, detto l’Aliense (1556 – 1629), figlio di un proprietario di navi, oriundo dell’isola di Milo, che fornì di vettovaglie l’armata cristiana nella querra del 1571, il quale dipinse per Montagnana anche un’altra tela “Il Salvatore e i Santi Protettori” ed amò trattare varie composizioni affollate di personaggi e diversi soggetti di battaglie terrestri e navali, compresa pure quella di Lepanto, come ad esempio negli affreschi – attribuitagli dalla Boccassini – della villa Barbarigo di Noventa Vicentina, presso Montagnana”.
di Zereich Princivalle