LA GRANDE PITTURA VENETA di Giambettino Cignaroli (1707-1770) IL “MIGLIOR PITTORE D’EUROPA”
Nell’Autoritratto (1758) del Kunsthistorisches Museum di Vienna Giambettino Cignaroli (1706-1770) è in azione al cavalletto con pennelli e tavolozza; lo sguardo è concentrato in una sorta di rapimento pensoso che sembra offrirci l’immagine veridica dell’impressione avuta da Tomaso Temanza e trasmessa nella lettera del 30 aprile 1768 al collezionista Pierre-Jean Mariette, quasi a voler rimarcare un preciso tratto caratteriale dell’artista veronese: Il […] costume del Cignaroli è ingenuo, e unicamente propenso allo studio dell’arte sua; senza però affettar astrazione di mente». E più precisamente: «in riguardo alla Pittura, egli si sforza di cercar l’ottimo in ogni parte ad essa spettante: maravigliandosi di coloro che ad una Scuola attenendosi, l’altre non curano mentre (come dice) è segno di somma stoltezza il non conoscere le qualità, ch’anno in se (benché diverse) la Scuola Romana, Veneta, Lombarda e Bolognese […]».
Personalità molto interessante nell’ambito della cultura figurativa veronese del secondo Settecento, Giambettino Cignaroli spicca tra i pittori della sua generazione per la fama di cui godette presso i contemporanei e presso i critici della generazione successiva: l’imperatore Giuseppe I, in visita a Verona nel 1769, lo definì “il miglior pittore d’Europa”, mentre il Lanzi lo diceva “dotto pittore”, indicandone in tal modo l’orientamento accademico e classicistico, di un classicismo consapevole e colto che ne fece, nella storiografia locale, un parallelo veronese di Carlo Maratta. A tale tendenza, accompagnata da una ricchezza di colore che richiama quella dei veneti con cui Cignaroli fu in contatto negli anni del soggiorno veneziano