LA MERAVIGLIOSA STORIA DI PERASTO, FEDELISSIMA AL LEONE e il suo governo particolare.
notizie raccolte da Dan Morel Danilovich, sunto tratto da “Archivio storico per la Dalmazia”, 1941, Arnolfo Bacotich.
Perasto
Al centro di questa tormentata regione, nella parte più interna delle Bocche di Cattaro, sorge una piccola cittadina, Perasto, la quale trae il suo nome dalla romana Civitas Pirustarum. La storia di questa cittadina, così ricca di memorie care ai Veneziani, si perde per lunghi tratti nell’ombra dei secoli. Di Perasto abbiamo qualche sbiadita notizia verso il 1158, al tempo delle discordie sorte tra gli abitanti di Cattaro, Ragusa, Dulcigno, e Perasto, fino a quando, sul finire del medioevo, essa apparve come una collettività con forme e ordinamenti comunali. Taluni storici asseriscono che dal 1160 al 1365 Perasto dipendesse da Cattaro, nel cui territorio era situata, e che nel 1365, mentre Cattaro passava all’Ungheria, Perasto unisse invece il suo destino a quello della Repubblica di Venezia. Questo invece dimostrerebbe che, al contrario, Perasto autonoma, era libera di seguire un destino diverso da Cattaro.
Importante è la parte presa dai Perastini all’assedio di Cattaro (1368), sotto il comando di Vittor Pisani. Essi infatti, si assunsero spontaneamente il compito di penetrare nella cittadella e di piantarvi le insegne di San Marco. I Perastini, in premio dell’aiuto prestato ai Veneziani in questa circostanza, ottennero dallo stesso Pisani in privilegio l’incarico della difesa del Gonfalone, onde Perasto ebbe il titolo di fedelissima Gonfaloniera. Successivamente, Perasto fu assalita da di Ludovico il Grande, distrutta e saccheggiata, ma nei primi anni del 1400 tornò sotto dominio di Venezia, che fece di questo porto uno dei più importanti centri dell’Albania Veneta, florido specialmente per la sua attività marinara.
Il governo dei Perastini
Durante il dominio veneto il governo della città era costituito, secondo il regime feudale, dalle dodici più importanti casate: Studeni, Smiloevich, Vucasevich, Sestocrilich, Sciroppi, Raicovich, Peroevich, Stoisich, Bratiza, Dentali, o Subazi, Cimai, Miocovich, che erano le dodici famiglie originarie del luogo.
Ogni casata aveva un capo e abbracciava più case e famiglie. Per esempio, alla casata dei Sciroppi appartenevano anche i Galletti, Bronza, Zimbella, Cigo, ecc; a quella dei Dentali le famiglie Balli (Ballovich), Viscovich, Ammiragli ecc. Le famiglie che davano il nome alle casate costituivano un ordine chiuso di ottimati, geloso delle sue prerogative, al quale appartenevano gli uffici amministrativi e la cura di mantenere il buon ordine nella città.
Il Consiglio degli anziani, costituito dai capi delle dodici casate, era il governo permanente eletto dagli ottimati, cioè dal consiglio generale.
Eletto il Capitano, questi convocava il consiglio degli ottimati per eleggere quattro giudici; il castellano, che aveva l’incombenza di sorvegliare vedette e forti, di dare gli allarmi, ecc.; quattro procuratori della Comunità; i procuratori alle chiese e quattro giustizieri; il nunzio, o agente della comunità, che andava a dimorare a Venezia, e infine tre ambasciatori straordinari (titolo di speciale privilegio concesso a Perasto dalla Repubblica) destinati a recarsi a Venezia quando era necessario ottenere la riconferma degli speciali privilegi concessi alla Comunità.
Tra questi privilegi, quello che fu per secoli motivo di onore e di orgoglio dei Perastini fu indubbiamente la guardia e la difesa della bandiera da guerra veneziana destinata a garrire al vento di tutte le battaglie sostenute dalla Repubblica sul mare. Ne parla il liber reformationum, detto anche il libro verde della Comunità di Perasto. I Dodici Gonfalonieri venivano eletti a tempo, e allo scadere di questo, il Consiglio degli Anziani, eleggeva una nuova Guardia (Muta).
Prima di mettersi in viaggio dovevano recarsi tutti insieme “per le benedizioni in Ciesa dal Signor Abate, o chi per lui, tutti armati”.
Tre giorni prima della partenza il Capitano doveva “venire in Consiglio a ricevere il bastone e la spada, accompagnato dalla sua compagnia”.
Nella battaglia di Lepanto, Perasto, oltre ai gonfalonieri imbarcati sulla galea di Sebastiano Venier, aveva anche dato dodici scapoli e venti uomini da remo per la galea di Cattaro.
In questa occasione, il senato Veneziano, considerando lo sforzo dei perastini superiore alle loro possibilità, il 5 maggio 1571 deliberava la concessione di duecento ducati fino al 12 novembre 1590. Dei dodici perastini posti alla guardia del Gonfalone di Venezia a Lepanto, otto caddero colpiti dal turco. Ma l’attenzione e la benevolenza della Signoria Veneta verso la comunità di Perasto non si dimostravano solamente nei difficili frangenti della guerra.
Non mancavano privilegi di natura economica concessi più volte agli scambi e al benessere di quei sudditi fedelissimi: “Essendo dal collegio nostro stati uditi in contradditorio col Dacier de la Grassa (per grassa o grassina si intendevano i formaggi e le carni di maiale salate) li fedelissimi nostri Perastini, li quali erano molestati a dover pagar Datio de alcune robbe condotte in quella città, abbiamo terminato, stante il loro privilegio concessogli dal Senato nostro, che se detti da Perasto condurranno robbe con fedi autentiche, che quelle siano di loro ragioni, non sia dato loro molestia, né fatto impedimento alcuno, il che abbiamo voluto significarvi, acciocché nell’avvenire, quando essi Perastini condurranno da quelle bande mercantie di loro ragioni, dobbiate servatis servandis di farli le predette fedi, che veramente siano di sua ragione, perché la Signoria Nostra non sia defraudata dei suoi debiti Dacij, avendo noi oltra ciò accarezzati e vestiti detti Ambasciatori Perastini, come merita la loro fedeltà verso la Serenità Nostra”. Privilegio concesso in data 2 settembre 1580.
Durante la Guerra di Candia, il 10 novembre 1646, il doge di Venezia scriveva a Giov. Battista Grimani, Capitano Generale de Mar: “Che per consolatione de fedelissimi nostri di Perasto, che in ogni occasione hanno fatto vivamente conoscere la loro fede, sia chiarito che quelli di essi al numero di dodici che sono andati e che anderanno a servire per capitano e per soldati a difesa del stendardo sopra la galea del Capitano Generale de mar, mentre serviranno attualmente, sia corrisposto oltre le spese, ducati otto al mese di paga al Capitano et altri ducati cinque con bonificarseli il tempo servito, detratto quel denaro che avessero avuto, onde allegramente possino continuar nel loro impiego, e ciò in riguardo delle reverendi istanze fatte da Vincenzo Mazarovich, ambasciatore di quella Comunità, sempre grata ed accetta alla Repubblica Nostra.”
Nei giorni del 1653 si trovavano a Venezia Trifone Mazarovich e Stefano Pallavicino, ambasciatori di Perasto, con vari incarichi ottenuti dalla loro città. Dopo aver esposto la loro ambasciata, il 21 gennaio furono inviati in Collegio dove, per espresso ordine del Senato, udirono la lettura della risposta della Repubblica alle richieste fatte.
Dopo il lusinghiero preambolo: “La devozione che dalla fedelissima Comunità di Perasto per molti secoli verso la Serenità Nostra si è conservata immutabile, rende ognuno di essi presso a noi in stima di suddito e figliuolo caro et amato dalla Repubblica, onde in voi che avete in lei la rappresentanza si unisce il merito della medesima e l’affetto nostro che vi han resi ben veduti e accolti”, il senato rinnovava non solo l’esenzione di tutti i dazi “per vittuarie di qualunque sorte che levavano nel Canal di Cattaro, e che saranno caricate di ragione di Perastini sopra propri vasselli”, ma anche, nel particolare concernente garzoni o mozzi di nave, faceva loro dire: “Assentiamo per nostra intiera consolazione non possiate esser astretti a ricever sopra vostri vasselli altri che figliol vostri o nati nel vostro paese”.
Infine il senato, dopo aver provveduto a ridurre a perfetta difesa il castello di Perasto, deliberava di fare “immediate restaurar dalli danni del tempo la chiesa di san Zorzi e tenerla ben in acconcio e officiata…”.
Interessantissima è la deliberazione di Lorenzo dolfin, Provveditore Generale Veneziano della Dalmazia e dell’Albania, emanata il 4 giugno 1654 da Zara, dove, considerati “i privileggi con quali è assentata la Comunità del Datio delli vini che dalla medema vengono estratti dal Canal di Cattaro, ponderati diligentemente i motivi di tale essecuttione e contribuito insieme li dovuti riflessi al recente riguardevol merito d’essa fedelissima Communità, che bravamente sostenendo la piena di numeroso esercito spinto dal sangiacco di Cherzegovina a l’invasione di quell’importante posto sotto il comando di Mechmed Agà Risavomich turco principale e d’autorità, e nel medesimo tempo con ugual bravura resistendo anco agli attentati delle fuste di Castelnuovo, sollevò se stessa dall’aggressione, conservò il loco al Principe e si stabilì il nome di valorosa con l’acquisto di tre insegne nemiche, di settantadue teste tra quale il suddetto Mechmed Agà, ferendone anco più di duecento, la maggior parte mortalmente, dei quali nel ritorno molti son morti per viaggio,…degna si rende degli effetti della pubblica benignità e grandezza, che sempre con mano liberale guiderdone il merito de’ suoi divoti, onde mossi da tali rispetti, in virtù delle presenti…, terminarono che la suddetta benemerita Comunità di Perasto, per anni 10 prossimi, sia e s’intenda essente dal pagamento del Datio dell’intrada di tutti i vini, che per proprio negozio estraesse da qual si sia città della provincia di Dalmatia, e che per sempre s’intenda essente dal pagamento del Datio di legnami et altre robbe necessarie alle fabbriche di suoi vasselli…”.
Sunto tratto da “Archivio storico per la Dalmazia”, 1941, Arnolfo Bacotich.
C’è anche questa:
http://venicexplorer.net/tradizione/storia-dalmazia.php