La Pala d’oro nella basilica di San Marco
La Pala d’oro conservata nel Museo della basilica di San Marco a Venezia è un grande paliotto in oro, argento, e pietre preziose.
La grandiosa opera di oreficeria venne prodotta appositamente per la basilica nel X secolo ed arricchita fino al XIV secolo.
Il primo documento che la cita risale alla fine del X secolo e durante il dogato di Ordelafo Falier (1102-1118) venne ampliata, poi molto arricchita nel 1204 dopo la conquista di Costantinopoli e di nuovo implementata nel Trecento con l’inserimento di cornici e castoni gotici.
Il corredo degli smalti è tra i più rilevanti nel suo genere. Alcuni risalgono alla metà del XII secolo (il Pantocratore, gli arcangeli, le feste) e sono pezzi pregiatissimi, tra i vertici dell’arte bizantina del tempo. Grande è l’eleganza del disegno delle figure e la loro realizzazione richiese un notevole virtuosismo tecnico, con l’uso della tecnica cloisonné. La pasta vitrea usata è sottilissima e lascia intravedere il fondo pure coperto di oro.
La Pala contiene 1401 gemme e 526 perle. Le opere di oreficeria della sua “architettura” ripropongono la forma di una cattedrale proiettata su un unico piano. Le formelle a cloisonné incastonato hanno la stessa funzione delle vetrate, dato che i raggi di luce trapassano gli smalti traslucidi, vanno ad incidere la lamina dorata ad essi sottostante e da essa si riflettono. Si ha l’impressione di una luce che penetri dal retro, cioè dall’esterno della Pala come avviene appunto negli edifici di culto gotici attraverso le finestre a vetri istoriati.
Gli smalti sono di Bisanzio, la cornice è di gusto francese.
Nella parte superiore sono riportati sei riquadri con altrettante “feste” della chiesa secondo la serie bizantina disposti ai lati dell’Arcangelo Michele (da sinistra, l’Entrata in Gerusalemme, la Resurrezione, la Crocifissione, l’Ascensione, la Discesa dello Spirito Santo, la Morte della Vergine).
L’insieme della parte inferiore appare come la città di cui parla l’Apocalisse di san Giovanni al capitolo 21: “….le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro simile a terso cristallo, le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose”. Al centro sta la figura del Cristo Pantocratore, ossia Signore dell’Universo, su un trono gemmato, con la mano destra alzata nel gesto della benedizione e la sinistra che tiene il Libro aperto, ornato di pietre preziose che esprimono lo straordinario valore del suo annuncio. Attorno i quattro evangelisti stanno scrivendo ognuno il proprio vangelo. Al di sotto di Cristo, in linea diretta, si trova sua madre, la Vergine Maria, in atteggiamento orante, e ai suoi lati i due donatori: il doge Ordelaffo Falier e Irene, imperatrice di Bisanzio. Sopra la figura del Cristo è rappresentata l’etimasia, la preparazione del trono per il giudizio finale tra due cherubini e due arcangeli. Ai lati della composizione centrale, trovano posto, in successione gerarchica dal basso verso l’alto, dodici profeti, dodici apostoli, dodici arcangeli.
Allineate superiormente e racchiuse tra diaconi che spargono incenso, si trovano quasi tutte le “feste” della chiesa bizantina (manca la Dormitio Virginis), da sinistra: Annunciazione, Natività, Presentazione al Tempio, Battesimo di Gesù, Ultima cena, Crocifissione, Discesa al Limbo, Resurrezione, Incredulità di Tommaso, Ascensione, Pentecoste. Ai lati, in posizione verticale, in dieci riquadri sono rappresentati, a sinistra, i fatti salienti della vita di san Marco e, a destra, gli episodi relativi al suo martirio ad Alessandria d’Egitto e al trasferimento del suo corpo a Venezia.
La luce è l’elemento di unità tra la tradizione bizantina e quella gotica: luce metafisica nelle formelle dorate e cloisonné costantinopolitane e luce analogica (che eleva dall’umano al divino) nell’architettura gotica, ma pur sempre luce. Le gemme completano l’immagine della Gerusalemme Celeste secondo la descrizione dell’Apocalisse.
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