LAGOLE E I SANTUARI VENETI
di Mariarosaria Stellin e Fabio Bortoli, Europa Veneta
I santuari dei Veneti antichi – in base all’ideologia venetica del culto – non prevedevano la costruzione di strutture monumentali ed essendo luoghi di incontro comunitario venivano fondati vicino alle vie di transito, generalmente circondati da boschi sacri. Essi erano costituiti da un’area molto vasta che doveva presentare dei requisiti precisi per le tante funzioni di culto; l’area veniva scelta dalla comunità e poi delimitata da cippi terminali spesso iscritti in venetico o da mura.
I santuari – spesso in stretto rapporto con l’acqua – si trovavano lungo i fiumi, ad esempio ad Este, a Padova, a Vicenza, ecc., sui laghetti di acque termali a S. Pietro Montagnon sui Colli Euganei, a Fimon sui Berici, ecc., sulla laguna ad Altino, o in prossimità di fonti o di sorgenti a Làgole. Resti di una struttura in legno, si pensa ad un piccolo tempio, sono riemersi al centro del Lago di S. Pietro Montagnon e al centro di laghetti in Lusazia.
I santuari dei nostri progenitori venutialla luce in anni di scavo presentano delle specificità che fanno pensare a diverse “specializzazioni”, per esempio ad Este in quello del fondo Baratella e a Vicenza funzionavano dei centri scrittori, dove i sacerdoti e le sacerdotesse insegnavano l’arte sacra della scrittura.
Il santuario di Làgole
Il dio Belenus
Uno dei principali santuari dei Veneti antichi è quello di Làgole, situato sul versante occidentale della valle della Piave, nel mezzo del primo ampio allargamento vallivo venendo dalla pianura.
Il suggestivo paesaggio montano di Làgole, ricco di acque sotterranee che emergono in polle e laghetti, contribuiva a creare un’atmosfera magico religiosa. Gli effetti positivi per lo spirito erano accompagnati a quelli per il corpo, avendo le acque mineralinotevoli proprietà curative, attribuite alla divinità. Il santuario conobbe una frequentazione ininterrotta almeno dal IV sec. a.c. al IV d.c. ed i ritrovamenti sono costituiti da numerosi bronzetti di offerenti, guerrieri con lancia o con elmo e spada, laminette rettangolari, vari tipi di armi (elmi, spade, cuspidi di lancia, pugnali e lame di ferro), oggetti di uso comune quali fibule (spille), ganci, pendaglietti, ancorette, alari, spiedi, coltelli di ferro.
A Làgole sono stati rinvenuti in gran quantità dei simpuli, una specie di mestoli di bronzo dai lunghi manici utilizzati dai devoti per il rito della libagione.
Il rituale consisteva nel bere l’acqua delle fonti con il mestolo e versarne un po’ sulla terra; il simpulo veniva poi spezzato, staccando la coppetta dal manico per impedire il suo riutilizzo e gettato sui pendii, in aree sacre. Sul manico del simpulo era incisa un’iscrizione in lingua venetica dedicata alla divinità. Oggetti simili sono stati rinvenuti anche in altri luoghi dove si trovavano sorgenti di acque termominerali: a Valle di Cadore, a San Maurizio e a Pervalle vicino a Valdaora (Bolzano), tutti probabili siti di culto.
Oltre ai riti individuali si praticavano processioni e cerimonie collettive con il sacrificio d’animali, che venivano successivamente bruciati su grandifuochi, a ciò seguiva un banchetto sacro. A Làgole sono stati recuperati numerosi spiedi di ferro, carboni, bronzetti deformati e semifusi, oltre duemila caviglie e mandibole di giovani montoni.
La fama del santuario raggiunse nell’antichità tutta l’area nordorientale adriatica (Veneto, Trentino, Sud Tirolo, Friuli, Istria e Lombardia orientale), quell’alpina e centro europea. Essendo assai vicino allo spartiacque alpino – situato in un percorso di raccordo tra l’area nordeuropea, quell’orientale e quella adriatica – era facilmente raggiungibile da pellegrini che abitavano località anche molto lontane.
Làgole fungeva pure da sede di diffusione culturale, di produzione artistico-votiva – per merito dei “maestri” scrittori delle sacre dediche (sacerdoti-artigiani) – di ritrovo per artigiani metallurgici e per pastori, militari e mercanti.
Ma, qual’era la divinità sanante venerata a Làgole?
Nelle iscrizioni che appaiono sugli oggetti votivi in bronzo, in particolare sui simpuli e sulle laminette ex-voto viene indicata con il nome arcano di Trimusiat o Tribusiat. Nella radice tr è evidente un riferimento al numero tre; a rafforzare questo mistero fu scoperta di una laminetta votiva piuttosto rovinata, con incise tre testine umane. Studiosi da tutta Europa tentarono invano di risolvere la questione.
In una prima fase si pensò alla greca Ecate, ipotesi abbandonata poiché il santuario ha una connotazione maschile; sono maschili gli ex-voto, i dedicanti, e l’interpretazione romana che parla di culto di Apollo.
Il noto glottologo sloveno Matej Bor fu il primo a decifrare in modo soddisfacente un gran numero di iscrizioni venetiche, con l’aiuto della lingua slovenaedi antiche lingue slave, molto simili al venetico; Trimuzjat in sloveno significa tre uomini, Tribuziat tre divinità.
Nel pànteon dei Veneti si trovava, secondo lo studioso J. Savli, anche la divinità dell’universo, una trinità che simboleggiava il cielo, la terra e gli inferi. Essa eradi solito immaginata e disegnata con tre teste come nel più antico simbolo dell’universo, la grande montagna – axis mundi – la quale nelle credenze popolari collegava la terra ed il cielo. Le tracce di questa tradizione si sono conservate sino ad oggi nella toponomastica delle Alpi, dove alcune montagne -senza avere tre cime – portano nomi triadici. Ad esempio: Pizzo dei Tre Signori (2554 m) a nord di Bergamo, Dreiherm Spize (3499 m) sulla frontiera italo-austriaca nel Tirolo, il Triglav (2864 m), la cima più alta della Slovenia. Altro dato di grande valore simbolico è che a Làgole esistono tre laghetti salutari.
I fedeli andavano, quindi, in pellegrinaggio fra le montagne cadorine ove si venerava la divinità dell’universo, per guarire o per mantenersi in salute.
La trinità è uno schema teologico piuttosto ricorrente nella religiosità mediterranea più sofisticata e quindi non è necessario arrampiccarsi sugli specchi etimologici per cercare verifiche. La Sanitai veneta ( addetta alla Salute) diventa poi, inevitabilmente, il maschio romano Apollo, per coerenza di “ministero assegnato”, facendo impazzire gli eruditi “a testa bassa” http://www.slideshare.net/sergiobernardi/reita-a-cendrole-ed-i-retii-a-riese