La Serenissima e le sue classi sociali
di Simonetta Dondi dell’Orologio
Il patriziato veneziano si distingueva da quello europeo per alcune caratteristiche peculiari:
- era di origine mercantile anziché feudale
- la sua creazione e sopravvivenza era giustificata dalla sua costante partecipazione al Governo della Serenissima
- era formato da famiglie anziché da individui e la primogenitura era l’eccezione invece della regola
- non usava specifici titoli nobiliari
Si può ben dire che l’atto creativo del patriziato fu la Serrata del Maggior Consiglio nel 1297, per cui diventarono patrizie le famiglie i cui antenati avevano reso importanti servigi alla Serenissima dall’anno 810 (data del trasferimento della sede ducale da Malamocco a Rivoalto) in poi, o un cui membro aveva seduto nel Maggior Consiglio nei quattro anni precedenti la Serrata.
In tutto furono iscritte nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana, circa 220 famiglie.
Questo cambiamento della costituzione (che di fatto passò da repubblica democratica a repubblica aristocratica) non provocò le tensioni politico-sociali che ci sarebbe potuto aspettare.
In primo luogo perché esso confermava una situazione che già esisteva di fatto; inoltre trattavasi di un gruppo sociale omogeneo, attivo, di antica ricchezza, già abituato a servire gli interessi generali; infine era un gruppo numeroso, giacché corrispondeva a circa il 5% della popolazione.
La “classe mercantile” era formata da cittadini veneziani con diritto “de intus” o “de extra”, ossia abilitati a commerciare all’interno o all’esterno della città. I non veneziani potevano, se considerati degni, acquistare il diritto “de intus” dopo dodici anni di residenza e attività professionale, e il supplementare diritto “de extra” dopo diciotto anni.
Alla “classe mercantile” appartenevano sia “patrizi” sia “cittadini”.
La categoria dei “cittadini” assorbiva anche uomini di scienza e di legge, letterati, medici, funzionari amministrativi e commercianti, formando una classe borghese talvolta ricca, sempre agiata, che aveva comunque una propria rappresentanza politica.
Alle classi privilegiate va aggiunta la classe ecclesiastica, che corrispondeva a circa l’1% della popolazione.
La linea divisoria tra queste classi e il Popolo era il lavoro manuale.
A sua volta il Popolo era diviso fra membri delle “Arti” o “Scuole di Mestiere”, cioè lavoratori specializzati che accompagnavano il loro lavoro con una certa cultura tecnica, e tutti gli altri che invece vivevano solo del proprio lavoro manuale.
Pur privati di potere politico, i Popolani godevano in compenso di salari relativamente alti (rispetto al resto d’Italia e d’Europa), di cibo sicuro e a prezzi controllati dalla Serenissima; non temevano guerre civili o assalti di eserciti stranieri; non erano relegati in suburbi, poiché le loro abitazioni fiancheggiavano quelle dei patrizi e dei mercanti con cui si mescolavano nelle calli e nei campi, parlando la stessa lingua veneta.
Fieri dell’appartenenza ad uno Stato forte e libero, partecipavano alle feste pubbliche, civili e religiose, al Carnevale, alle Regate, alle cerimonie d’elezione dei Dogi e a quelle che accompagnavano le visite di personaggi illustri.
Si spiega così la quasi totale mancanza di movimenti sociali, la fedeltà alle istituzioni ed il senso di appartenenza di così lunga durata.
Le barchesse furono il vero punto di distinzione ,tra la Serenissima e l’europa feudale dei castelli – Un vero spartiacque tra le culture di allora – Le barchesse rimangono il segno forse piu evidente e forte che caratterizzo il modo di vivere dei Veneti di allora – Persino nelle zone Polesane dove i Patrizi veneti andavano per puro relax a cacciare o a rifugiarsi nei periodi di gravi pestilenze nella capitale , rimangono segni indelebili di pregiati manufatti , dalla caratteristica forma a due barchesse , dove i collaboratori , familiari o agricoltori e stallieri dei nobili , trovavano ospitalita e protezione – Fu la consuetudine di una cultura della condivisione degli spazi domiciliari , che rendeva onore anche al popolo seppur non ancora sovrano , ma in anni di despoti ,fu quello uno dei principali nuovi segni di una civilta che si stava gia evolvendo in democrazia
Brava Simonetta, hai presentato uno scritto che denota conoscenza profonda della società veneziana e veneta. L’introduzione della costituzione aristocratica non provocò grandi tensioni politico-sociali dopo il 1297 (a parte la rivolta dei Tiepolo, dei Bocconio e dei Barozzi), perché i Veneti Patrizi si accollarono per intero il peso economico, lavorativo e di responsabilità nella conduzione dello Stato. Lavoravano gratuitamente e a tempo pieno per il governo e per l’amministrazione della Giustizia. A occuparsi degli affari pubblici si perdevano soldi, non si guadagnava nulla, si sostenevano pure enormi spese di rappresentanza. Erano l’ideale cristiano e l’ideale repubblicano a motivare quei grandi uomini. Rispondevano di persona sottostando a fitti, insistenti e a volte minacciosi controlli interni, pagando carissimo i propri errori. Ciò avveniva senza l’intervento di nessuna libertà di stampa, senza talk show, senza opposizioni e senza accuse pubbliche, che invece erano aspramente riprovate. L’aristocrazia è la vera forma di democrazia, perché governano i migliori nella forma migliore attraverso la preparazione, l’educazione e il controllo reciproco. Il popolo non è quasi mai interessato a quel che succede, pretende giustamente che i poltici governino bene, di solito solo pochi si preoccupano della cosa pubblica e persino si vota in modo svogliato e superficiale. Infatti, nell’odierno smerdaro democratico tutto diviene demagogia e l’opinione popolare è tirata in ballo solo quando qualche potente ha in serbo di strumentalizzarla.